La storia dello stadio Lo stadio del Taranto, oggi stadio “Erasmo Iacovone”, sorge al rione Salinella, quartiere un tempo situato all’estrema periferia della città nuova, oggi pienamente inglobato nel tessuto urbano di una città che negli anni ’60 è cresciuta a dismisura a seguito della industrializzazione che l’ha investita. Proprio il quartiere gli ha dato il nome sino alla nuova e attuale intitolazione avvenuta a seguito della scomparsa del mitico Erasmo.
Originariamente lo stadio si presentava in tutt’altra veste di quella che presenta oggi. I gradoni di cemento hanno infatti sostituito una struttura tutta fatta di tavoloni di legno sostenuti da tubi Innocenti. Era l’8 dicembre 1965 quando il “nuovo” Salinella venne inaugurato con una amichevole con il Foggia. Esso prendeva il posto del vecchio stadio Mazzola, ormai inadatto ad ospitare le partite di una squadra che aveva recentemente cambiato padrone e che si voleva ambiziosa. Il Taranto navigava infatti – sino a quel periodo - in terza serie, afflitto da ripetute crisi societarie (particolare questo che ebbe a ripetersi molto frequentemente nel corso della storia rossoblu).
Artefice di questa rinascita calcistica fu, in particolare, il cav. Di Maggio, il quale coronò il sogno della promozione nell’anno 1968-69 ( il Taranto arrivò secondo, ma fu poi promosso a tavolino a scapito della Casertana penalizzata per illecito sportivo). La prima partita di campionato giocata il 19 dicembre nel nuovo stadio fu Taranto – Sambenedettese. Uno a zero per gli ospiti il risultato finale. Lo Iacovone prima maniera conteneva circa 27.000 spettatori, anche se la capienza collaudata era per 22.610 posti. Esso fu costruito in 100 giorni, sostenuto dallo slogan che si coniò all’epoca : “ un grande stadio per una grande squadra”. In muratura erano soltanto gli spogliatoi e i servizi igienici. Caratteristica dello stadio, oltre il legno e i tubi Innocenti, erano soprattutto dei seggiolini semimovibili che rendevano comoda una lunga tribuna. Per anni proprio la tribuna del “campo” tarantino, oggi additata come settore addormentato, è stata invece artefice di un vero e proprio clima da bolgia che si instaurava ogni qualvolta, all’unisono, le migliaia di sedie venivano “sbattute” dai frequentatori del settore. Lo Iacovone cambia radicalmente volto nell’annata 1985-86 (video dall'alto). La necessità questa volta è imposta dalla nuova normativa in materia di sicurezza. La vecchia struttura è inagibile. Particolare curioso : l’ultima partita di campionato disputata con i vecchi spalti fu ancora una volta un Taranto – Sambanedettese. Era il 20 gennaio 1985. Lo stadio stavolta subisce un cambiamento graduale, ma profondo. Il rifacimento non è facile. I rossoblu sono costretti ad emigrare a lungo per gli stadi vicini. Prima si vede sorgere la tribuna e la gradinata, poi le due curve. A lungo lo stadio resta parzialmente inagibile per permettere anche di innalzare un secondo anello per ogni settore. La prima gara si svolge comunque il 14 aprile del 1985. Questa volta è il Pisa a scendere in Puglia. Anche questa volta si perde. Per realizzare l’impianto è stato utilizzato materiale con il quale si sarebbe costruito un palazzo di tredici piani : 2.500 metri cubici di calcestruzzo, 100 quintali di acciaio.Attualmente lo Iacovone conta una capienza ottimale di poco meno di trentamila spettatori. In questi anni è tornata di attualità la possibilità di incrementarne la capienza. Sulle ali di un ritrovato entusiasmo, si è cercato di rispolverare alcuni disegni che volevano interamente chiuso dagli spalti il rettangolo di gioco. Progetto, pare, ormai inutilizzabile, almeno nella sua totalità, soprattutto per la costruzione di civili abitazione che ha trovato spazio proprio alle porte della Curva Nord. Domenica 20 Ottobre 2002 si è realizzato il sogno della tifoseria rossoblu. Dinnanzi alla Curva Nord, si è svolta la cerimonia di inaugurazione della scultura di Erasmo Iacovone. La statua, in bronzo e in dimensioni reali, è il risultato di un iniziativa popolare che ha coinvolto tutta la comunità ionica attraverso la vendita di 13.000 biglietti al prezzo singolo di 1 euro e 50 cents. Un gesto che consacra il mito di Erasmo.
La storia della tifoseria rossoblu I tifosi del Taranto hanno sempre seguito la propria squadra anche prima degli anni ’60 (anni ai quali, convenzionalmente si fa risalire la nascita del tifo organizzato in Italia). Si può infatti affermare, che da quando è rimasta una sola squadra sul palcoscenico cittadino, ai calciatori rossoblu, anche nelle trasferte più lontane, non è mai mancato il calore dei propri supporters ( durante gli anni ’50 promotrici degli esodi sono soprattutto alcune agenzie di viaggio cittadine, come l’Ausiello, la Ionio e, più tardi, la Taras e l’Appia Viaggi). E’ tuttavia negli anni ’60 che anche nella nostra città l’organizzazione della trasferta assume la ritualità dei giorni nostri, grazie soprattutto alla passione, tra gli altri, di Dino Corrente e di Umberto Carrino. Manca una vera e propria struttura organizzativa, caratteristica questa che, si può dire, non abbandonerà mai la “storia” del tifo nostrano, contraddistinto da sempre da una forte passionalità, ma anche da una accentuata spontaneità che evidentemente mal si concilia con la costituzione e la frequentazione di un club inteso nella sua accezione corrente. I mezzi di trasporto con i quali si segue il Taranto sono quelli tradizionali: treno e soprattutto autobus, ma per le trasferte più lontane si riesce ad organizzare anche qualche volo aereo (come per le trasferte di Catania contro la Massimiliana, e di Siracusa nella stagione 67/68); non c’è stadio, dicevamo, nel quale non compaiono i vessilli rossoblu. Ovunque però i tarantini provenienti dalla nostra città non sono mai soli. Già negli anni ’60 si costruisce una fitta relazione con i cataldiani che per motivi di studio o di lavoro, risiedono lontani dalla Puglia. Tale apporto andrà via via allargandosi e, per così dire, istituzionalizzandosi:
striscioni come quelli dei fedelissimi di Cologno Monzese, Universitari Siena (tanto per citarne alcuni), sono stati immortalati in ogni stadio del centro – nord. Per quanto concerne invece l’altra faccia del tifo organizzato ovvero il sostegno allo stadio, le coreografie, ecc…, bisogna aspettare l’affermarsi degli ultrà, che a Taranto hanno il nome, il primo nome, di “Angeli della Sud” (in precedenza s’incominciano a formare gruppi spontanei di tifosi che seguono prima in gradinata, successivamente in Curva Nord, la partita in piedi, sostenendo a gran voce la squadra per tutti i 90 minuti). Il club degli “Angeli della Sud” fu fondato nel 1979. Esso costituisce il primo vero esempio di club organizzato avente un tesseramento, una sede, un’assemblea con degli organi direttivi. L’intensa esperienza degli “Angeli della Sud” durerà poco: l’anno 1981 è l’anno del loro scioglimento.
Contemporaneamente o quasi, all’esperienza degli “Angeli”, nascono altri club come i “Rangers” i “Forever Ultras”, la “Gioventù Rossoblù”. Il tifo è quello genuino fatto di bandiere, tamburi e fumogeni (spesso di provenienza incerta…leggasi deposito della ferrovia). La vita di questi club fu caratterizzata da trasferte mitiche, come quelle nei sentitissimi derbies con il Bari, e dalle accese rivalità con numerose tifoserie avversarie che sfociarono, talvolta, in incidenti (come a Salerno e a Terni) di un certo rilievo. Nella metà degli anni ’80 vi è un proprio ricambio generale della geografia del tifo ultrà tarantino. Ai vecchi club, seguirono, tra gli altri, i “Rebels Korps”, gli “Ultras 84”, gli “Ultrapaz” di Paolo VI (forse il gruppo più longevo, essendo ancora in attività, ed essendo stato fondato nel 1978), il “Kollettivo Alkoolico”. E’ proprio in questo periodo che accade un fatto importante: il tifo tarantino emigra definitivamente in Curva Nord. Essa resterà da allora il feudo degli ultrà. La curva opposta, quella Sud, ospiterà invece, per definizione, gli sportivi della provincia, con qualche gruppo organizzato (es.: “Azione Diretta”).
Anche il Kollettivo Alkooliko tuttavia non ha vita lunga. Stavolta cede il passo al Collettivo Curva Nord. Quasi una sorte di federazione, uno dei pochi tentativi di semplificazione della geografia ultrà rossoblu. L’esperienza del Collettivo si spegne con la radiazione del luglio 1993. Vero momento di cesura nella storia del tifo ionico. La Gradinata, un tempo culla degli Ultrà tarantini, si anima come tifo organizzato soprattutto a partire dai primi anni ’90. Dal 1991 sulle sue balconate compare lo striscione del gruppo “Tifo è Amicizia” e dal 1995 quello del “Gruppo Company” (anche se in questi ultimi due casi siamo fuori dal fenomeno ultras in senso stretto). Molti altri, come vedremo, se ne aggiungeranno. Gli anni ’80 – riprendendo il nostro cammino - segnano se vogliamo, il salto di qualità del tifo rossoblu, all’epoca uno dei più massicci e temuti. Quelli sono gli anni della rivalità con i messinesi, i laziali, i pescaresi, i genoani, oltre che con i cugini baresi. Pochi, pochissimi i gemellaggi, in linea con quella che sarà una costante del tifo tarantino (altra cosa sono invece i rapporti, anche questi molto rari, cordiali allacciati con qualche tifoseria: Atalanta ad esempio). L’unico degno di menzione ( e di tale nome) appare quello con i tifosi del Lecce, nato in evidente chiave anti barese. Anche tale patto avrà però vita breve, il casus belli, in questa occasione sarà il gemellaggio stretto tra i cugini salentini e gli odiati ultrà veronesi (campionato 1989 – 90).
Il fallimento del Taranto Football Club, segna poi un periodo nero per i tifosi della curva, i quali inevitabilmente risentono del colpo. Ma il “lutto” dura poco; la curva infatti non muore e sotto la spinta di alcuni gruppi, quali soprattutto il gruppo Zuffa (1989), gli Ultras 84, gli UltraPaz e il Krazy Group (1988) ritorna alla ribalta. Certo, molti hanno abbandonato, ma nonostante tutto i tarantini riescono ad essere presenti in tutti gli stadi, anche i più ridicoli e parrocchiali, anche quando la squadra non lotta nemmeno più per un posto per tornare nel mondo prof. (come nella stagione 1998-99). In questi campi si alimentano nuove “rivalità” (le virgolette sono d’obbligo), anche se talvolta manca la reciprocità: il Taranto, i suoi tifosi sono attesi un po’ dovunque. Fasano, Rutigliano e molti altri campi insignificanti si trasformano in occasione di incidenti, talvolta anche di un certo rilievo. Si lamenta da parte tarantina la mancanza di ogni prevenzione: le strutture che ospitano gli esodi sono assolutamente inadeguate ad una tifoseria da B. Si, perché intanto il Taranto è stato di nuovo rifondato.
E’ nato l’Arsenaltaranto sulle ceneri del Taranto Calcio 1906, società quest’ultima che ha vissuto forse gli anni più bui dell’intera storia locale. Non solo per i risultati, ma soprattutto per le diatribe scoppiate con l’Amministrazione Comunale (guidata da Giancarlo Cito); diatribe che portano direttamente alla interdizione dell’uso dello stadio per “problemi di agibilità”. Contraddizioni che scoppiano anche all’interno del tifo considerati i tentativi dell’onorevole di politicizzare anche la squadra di calcio. L’Arsenaltaranto, già dal nome, ha come obiettivo di ricostruire un ciclo. I risultati, come dicevamo non tardano. E la gente torna a popolare gli scaloni dello stadio. La tifoseria si guadagna così importanti pagine sui media nazionali, ma spesso per notizie che sconfinano nella cronaca nera. Viene descritta come una massa di hooligans (v. La Repubblica all’indomani della trasferta di Locorotondo, anno 1999 – 00), se non peggio (sempre sullo stesso episodio una intervista del Comandante della locale Stazione dei Carabinieri). Con l’Arsenaltaranto siamo a ieri, quasi ai giorni nostri e i supporters del Taranto tornano decisamente ai …loro livelli. Ai gruppi tradizionali altri se ne aggiungono o comunque si consolidano. Ne citiamo solo alcuni: K 106, Menti Perse, Kaotici (1988, poi sciolto nel 2001), Psyko Group, Spuenze, Teste Matte, Taranto 1977 (costituito da non pochi protagonisti di questa storia in pillole del tifo della città dei due mari). La stagione 1999-2000 segna il definitivo ritorno alla normalità. La squadra di calcio torna a far palpitare migliaia di cuori (numeri da serie B); lo Iacovone si riveste a festa. Segno che il grande amore non muore mai. Sorgono sempre più nuovi gruppi organizzati. La delusione per il secondo posto, viene velocemente smaltita grazie al ripescaggio. Il Taranto torna in C2. Il rimescolamento societario e in particolare l’avvento di Pieroni dà nuove ed ulteriore slancio. I rossoblu trionfano anche in C2 dopo una partenza non felicissima. Ora i gruppi sono davvero tanti. Impossibili censirli. Tra i tanti segnaliamo Città Vecchia Group, Franceschin (che si sistemano in Curva Sud: caratteristico il loro modo di fare tifo accompagnato da musica da… discoteca) Angeli della Nord. Anche la provincia ritorna protagonista con vecchi (Vagabonds Pulsano, Boys Lizzano e Wild Kaos S. Giorgio) e nuovi club (Roccaforzata). In gradinata prendono vigore gli Avvelenati, Tarantomania e Taranto Centro. Insieme agli Spuenze (1999) e a Tifo è Amicizia (poi uscita) vanno a costituire l’associazione Taranto Supporters (dal nome del primo sito dedicato ai colori rossoblu). Nasce in questi anni i Delfini Erranti…prima associazione …web, che riunisce tantissimi tarantini fuori sede. La squadra, in virtù anche degli ottimi risultati, viene oramai seguita ovunque da centinaia di tifosi. I numeri sono da brividi:5000 a Campobasso, 1400 a Foggia, oltre 2500 a Castellamare di Stabia.Numeri che valgono alla tifoseria il premio della rivista “Super Tifo” quale migliore tifoseria della penisola. Nonostante si sia affacciata una nuova generazione, alcuni caratteri di fondo restano invariati. In particolare quello della mancanza di ogni gemellaggio. La tifoseria rossoblu si conferma passionale, colorata, anarchica, difficile da gestire. Gravi incidenti capitano a Palma Campania, contro il S. Anastasia: si assiste ad un vero e proprio corpo a corpo dal sapore retrò. Incidenti anche a Cava dei Tirreni (ripetuti anche allo Iacovone), a Nardò e a Giugliano. Con i cavaioli sono i primi avvertimenti – come si dirà in seguito – di un confronto aspro che troverà il proprio culmine nella stagione appena trascorsa avente come scenario ancora una volta lo Iacovone. Ma quasi in ogni campo si respira aria di tensione. I tarantini difficilmente rinunciano a dire la loro. Campi spesso inadeguati ad ospitare tante persone sono poi condizioni ideali per preparare il terreno. Si rinfresca la rivalità con i tifosi del Foggia (con qualche problema nelle due partite) e con il Catanzaro. Il modo di tifare della Nord viene descritto come “argentino”, tradizionale: molta voce e tanto colore. Colore soprattutto condizionato dalla quantità “industriale” di club, talvolta micro associazioni, le quali però non rinunciano alla loro visibilità. Il 2001 è comunque l’anno del ritorno in C1. Il Taranto ritorna ad essere seguito costantemente da centinaia (il migliaio è ricorrente) di tifosi. Mai manca la voce rossoblu. Altri club nascono. I nostri tifosi risultano essere sempre numerosi. Oltre 100 a Sassari, nella trasferta più difficile della stagione. Vecchie rivalità ritornano: pescaresi e catanesi in primis. Mentre con gli abruzzesi il confronto resta nei binari dell’ordinarietà, con i siciliani la vecchia rivalità divampa. Il casus belli all’origine di quella che è diventata la rivalità più sentita, è l’esposizione di uno striscione non firmato nella gara di andata (ottobre 2001): oggetto dell’ironia (sicuramente non elegantissima) della Curva nord, S. Agata, patrona della città etnea. Tale licenza certamente poco poetica, solletica la reazione più bigotta che la città siciliana potesse avere, riuscendo a superare in cattivo gusto i presunti provocatori. Il ritorno, siamo a marzo, è l’epicentro dello scontro. Catania è tappezzata da giorni di volantini contro i tifosi rossoblu. Il clima è da santa inquisizione. Roba da medioevo. Il sabato che precede la gara viene bruciata un auto targata Taranto. I supporters che si presentano a Villa San Giovanni per traghettare sono oltre 300. Si respira aria pesante. Le notizie che provengono al di là dello stretto – complice anche la distanza – sono decisamente da bollettino di guerra. Le forze dell’ordine cercano di rallentare, se non sconsigliare (ognuno fa il suo), lo sbarco. Si lasciano le auto in Calabria e si prosegue in treno per Catania. Si arriva a partita largamente iniziata. Sul campo è una resa. Sugli spalti si respira odio (sensazione mai provata in tante rivalità) non calcistico. All’epoca dei fatti lo catalogammo come una vera e propria crociata. Tali disquisizioni sono ammesse quando non ci si deve riparare dalla pioggia di accessori da bagno che naturalmente cercano di planare sulle nostre teste. Ma questa volta ci si mette anche il campo ad alimentare lo scontro tra le tifoserie. Taranto e Catania si ritrovano a contendersi la finale play off per salire in B. La cavalcata dei rossoblu è stata entusiasmante: secondi soli dietro l’Ascoli. La squadra è letteralmente trascinata dai gol di Riganò. Ma è l’intera rosa guidata da Simonelli a convincerci del miracolo. Nemesi storica: il Taranto cade sull’ultimo ostacolo. A Catania è 0-1 con show di Luciano Gaucci inspiegabilmente all’interno di gioco dove Galeoto viene tranquillamente malmenato. Basta a Riganò & soci lo stesso risultato. Invece finisce 0-0 in una delle più terribili partite della nostra non facile storia. Si tratta di calcio irreale: poche azioni, quasi nessun tiro in porta. Tutti ingredienti che contribuiscono al fiorire di una più ampia letteratura. Taranto – Catania passa alla storia come la partita del grande bluff. Gara venduta o decisione a tavolino (il Catania aveva ricevuto già nella semifinale con il Pescara chiari segni di predestinazione: arbitraggio scandaloso a proprio favore) poco conta. Certo è invece che quel 9 giugno sarà in eterno ricordato come una data destino per il calcio rossoblu. Non solo per una meritata promozione sfuggita in circostanze poco chiare (trattasi di eufemismo), ma soprattutto per quello che ne seguirà. Tutta una serie di frizioni societarie sino a quella data mascherate, si diffondo in libertà. Scoppia la guerra tra Pieroni e i 4 soci tarantini (detentori del 40% delle quote societarie). L’estate si consuma in manifestazioni estenuanti sotto il sole, con sottotitolo “chiarezza subito”. La confusione si allunga sino alla tifoseria. Si sbanda, perché l’oggetto del contendere resta oscuro in questo regolamento di conti sempre più privato. Pieroni perde rapidamente il suo credito: Tifo è Amicizia è il primo club organizzato a prendere le distanze (vedi comunicato) dopo una intervista apparsa sul Corsport nazionale. Ma la storia che segue è un groviglio la cui vittima è il Taranto e i suoi tifosi, ormai sempre più divisi. Pieroni abbandona la città, condannando la squadra ad una ordinaria amministrazione straziante (persi tutti i pezzi migliori, si riparte con Di Chiara in panchina). La presa di posizione e la lontana fisica di Pieroni dalla città (sulla quale pesano vicende sentimentali dello stesso) vengono utilizzate dai soci di minoranza: nessun chiarimento con Pieroni se non torna in città. Posizione di principio sulla quale si infrangono le residue speranze della città tifosa e sulla quale si appiattiscono in molti (compreso il sindaco). In autunno la svolta. Pieroni rilancia. Rivoluzione tecnica e societaria. Rinasce un nuovo Taranto e suggella questa nuova situazione tornando a Taranto per incontrare i tifosi sottoscrivendo un patto propostogli
(vedi foto). La sua venuta a Taranto è uno dei momenti più controversi. La calata del patron partorisce dopo una serie di incontri tra gran parte dei club organizzati storici. Il varo del patto da sottoporgli ha il suo battesimo durante la trasferta di Giulianova. Pieroni comunica la sua venuta a ridosso della nottata del ….. Il giorno dell’incontro è il giorno dopo, la prima mattinata dopo. Partono le telefonate. Qualcosa non funziona. O comunque non avrebbe funzionato lo stesso considerato che anche qualcuno che c’era ha poi smentito se stesso con un comunicato stampa che alla fine recherà la firma di 7 gruppi della Nord: si prende le distanze perché non avvisati (?). Ma la storia infinita di Pieroni e il Taranto non è finita. Finisce il campionato (con una manifestazione subito dopo l’ultima gara di campionato) ma non la sofferenza. La questione societaria in tutti i mesi precedenti non si è sbloccata: solo scaramucce. Estate calda: si manifesta ad
Ancona. Nella città dorica si arriva... . Altro ritiro approssimato. Brini resiste per qualche mese. La squadra a settembre si ribella appoggiata da una ampia fetta della tifoseria sempre più disorientata. Mentre altrove il campionato deve ancora iniziare, a Taranto i giocatori si rifiutano di partire. È il caos. Il panorama del tifo rossoblu ne viene investito. Strada facendo si erano persi per diffida numerosi esponenti carismatici della Curva. Alcuni gruppi spariscono. La scomparsa che fa più rumore è quella gli Ultras 84. Poi verranno meno molti altri, alcuni dei quali consumati dal periodo, altri – per così dire - naturalmente.
Il 6 gennaio altra
manifestazione. Questa volta è un po’ tutta la città a sfilare dietro gli striscioni rossoblu tra le vie del centro. Non mancano, questa volta gli incidenti: a corteo concluso scontri tra alcuni manifestanti e le forze dell’ordine. Il nuovo torneo, siamo alla stagione 2004-05, è un torneo di passaggio. L’arresto di Pieroni (7 agosto 2004) segna la fine virtuale del Taranto Calcio anche se per aspettarne quella giudiziaria bisognerà attendere il dicembre successivo, quando Luigi Blasi, imprenditore di Manduria, si prenderà il titolo dal Tribunale. È un nuovo inizio. L’ennesimo. La formazione messa su da Stanzione e Telegrafo, stoicamente al loro posto, è un misto tra Berretti e giocatori (alcuni non male) senza squadra. Sabadini li guida con grande dignità. La squadra raccoglie simpatia e umiliazioni. Il seguito dei supporters ovviamente si riduce. Sotto il profilo del tifo è l’anno dello scontro con la Cavese. I campani ancora una volta, come 4 anni prima, entrano nello Iacovone cercando di seminare panico. Alcuni di loro approfittano della porta di ingresso alla gradinata dalla Curva Sud lasciata incustodita per un piccolo raid (al loro arrivo c’era stata una aggressione subita). La partita non avrà fine e i rossoblu dovranno giocare ben 4 gare a porte chiuse. Al ritorno, nonostante l’ultimissimo posto in classifica, ci si muove in 200. Non succede nulla. Troppa attesa, troppo servizio d’ordine ma anche troppa preoccupazione per i padroni di casa che, in testa alla classifica, pensano bene a non compromettere la situazione sportiva. Non gli servirà nulla e non solo perché non riusciranno ad essere promossi. Il Taranto invece miracolosamente raggiunge il suo obiettivo. Si salva a Ragusa il 5 giugno, data forse della vera nuova rinascita. Finalmente, in circa 400, si festeggia. Anche il tifo si riorganizza. Questa volta c’è un ritiro vero, a Penne, in Abruzzo. Alla prima ufficiale si canta in 200 contro dilettanti locali. Il 28 agosto inizia il torneo. Il Taranto è tra i favoriti. Nonostante la miracolosa salvezza raggiunta, la società del presidente Blasi non gode inizialmente della simpatia della tifoseria ionica, nonostante un buon seguito. Nessun pregiudizio particolare, ma probabilmente solo scontata diffidenza per chi è stato abituato nella sua lunga storia a soffrire e a patire clamorosi raggiri. Il campionato è altalenante. La squadra, inizialmente affidata a Marino, si insedia subito nei quartieri alti. Ma alla lunga un rendimento esterno modesto la fa scivolare nei posti d’onore. Il Gallipoli intanto s’impossessa subito del torneo. I tifosi rossoblu come sempre seguono la squadra ovunque. L’annata è tutto sommato tranquilla. Gli unici momenti di tensione riguardano la crisi tra fine anno e inizio anno nuovo che costerà il posto a mister Marino e al Taranto il posto nei play off. I tifosi però, avuta la testa dell’allenatore, non si accontentano. Vorrebbero il sacrificio anche di Galigani e di Evangelisti. Il primo, in particolare, perché resosi artefice di una denuncia contro ignoti nel momento di maggiore tensione culminato con alcune scritte nei pressi della sede sociale. Al secondo si rimprovera invece una sbagliata campagna acquisti troppo, si diceva, ispirata da logiche commerciali (eccessiva la presenza di giocatori appartenenti al procuratore tarantino Prete). Scelto Papagni come nuovo allenatore, ancora una volta Blasi non cede alle richieste della piazza. Conferma il suo staff. Ritocca appena la squadra nella campagna acquisti di gennaio. Ancora una volta avrà ragione lui. Papagni infonde fiducia prima nella squadra e poi conquista la piazza. Il suo è un calcio concreto. Lui una persona seria e sobria che si fa volere subito bene. Filotto di vittorie, compresa quella sul campo dell’Andria. Con qualche incidente. Alla fine della gara parte dei circa mille tifosi rossoblu si fa strada da se: sfonda il cancello e va alla ricerca di un contatto con i sostenitori di casa che non avverrà per il pronto intervento delle forze dell’ordine. Solita raffica di diffide. La squadra alla fine conquista la piazza d’onore. Ancora spareggi come appendice alla stagione. La prima gara sembra stregata. Si gioca a Melfi. Polemiche a iosa nella settimana che precede l’incontro. Vergognoso l’atteggiamento della società locale. Lacunoso il servizio d’ordine. Improvvisamente scoppia il caos nel settore occupato dai tifosi tarantini occasionato da una manovra discutibile delle forze di polizia. La reazione è ancora peggiore. Piovono lacrimogeni. Scattano anche degli arresti. La puzza di bruciato è irresistibile. La città finalmente reagisce. Il ritorno lo Iacovone è una vera e propria bolgia. La squadra vince proprio alla fine, riparando all’1-3 subito. È festa. Blasi sembra finalmente entrato nei cuori dei suoi tifosi. La finale è con il Rende. Gara di andata a Cosenza. Campo neutro. Il San Vito è principalmente rossoblu. In tremila ne gremiscono la tribuna. È uno a uno grazie ad una punizione magistrale di Pastore. Sette giorni e lo Iacovone è di nuovo pieno. Ma solo alla fine c’è il grido liberatorio. Il pallone crossato da De Liguori finisce alle spalle del portiere Ambrosi. È di nuovo C1. Blasi si gode il suo momento di popolarità: lo Iacovone è tornato pieno e lui è “u’ presidè”. Peccato che una scellerata campagna abbonamenti ne mina il credito appena conquistato. Ma questa è storia dei giorni nostri ovvero di propositi, di pensieri, di sfide che si rinnovano. Su tutte la Salernitana che manca da tanto tempo. Ma anche Avellino e soprattutto Cavese, i “nemici” ultimi. Torna il sapore della B con Perugia e Ternana. Intanto il Catania della serie A è umiliato allo Iacovone nel primo turno della Coppa Italia Tim. Si perde con onore invece in casa con il Brescia. L’inizio è buono. In bocca al lupo Taranto. (continua... a breve) Breve guida alla città di Taranto Importante città marinara, situata nel punto più riparato dell’omonimo golfo ionico, parte sulla terraferma (città nuova), parte su un’isoletta (città Vecchia) tra il mar Grande e l’interno mar Piccolo; centro industriale di primaria importanza nel settore siderurgico e principale base navale della nazione. Fu nell’antichità una delle città più ricche della Magna Grecia, fiorente soprattutto nel IV sec. a.C.
Taranto può tuttavia offrire al visitatore ben pochi resti archeologici, poiché l’intenso sviluppo edilizio, specialmente alla fine del secolo scorso, ha distrutto gran parte dei monumenti dell’antichità; ma nel ricchissimo Museo Nazionale (in corso Umberto) espone la più ampia documentazione dell’arte e della civiltà antica. Sull’isoletta che divide il mar Piccolo dal Golfo, detto localmente mar Grande, è conservata quasi intatta nella sua fisionomia medioevale la città vecchia, articolata su quattro strade tagliate da cento violetti; qui si trova il maggior monumento il Duomo. La sua costruzione risale al sec. X-XI, ma subì in seguito manomissioni e aggiunte. La facciata è barocca.
Da vedere ancora il Castello (sorge sul canale navigabile. Venne eretto da Ferdinando d’Aragona nel 1480, ingrandito poi dagli spagnoli nel ‘500); poco vicino il famoso ponte girevole, con la caratteristica apertura laterale; sempre nelle vicinanze consigliamo una passeggiata sul lungomare (fiancheggiato da notevoli edifici moderni e abbellito da palme) che si sviluppa su due livelli, percorribili anche con le biciclette.
Meritevoli di segnalazione sono anche la chiesa di S.Domenico, nella città Vecchia (sorge su un’alta scalinata, conserva della costruzione primitiva del 1302 la facciata con un ricco portale) la Villa Peritato (bellissimo giardino pubblico, ricco di palme e pini, aperto a terrazza sul mar Piccolo) e il nuovo Parco Cimino (una vasta pineta, alla periferia della città, che si estende sino al seno piccolo del Mar Piccolo).
I Ristoranti
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