Il calcio di Sostakovic «Il calcio è il balletto per le masse». E' un Dimitrij Sostakovic appena 23enne, musicista ottimista e tifoso dello Zenith Leningrado, ancora studente di conservatorio ma già collaboratore del regista teatrale Mejerchold, quello che nel 1929 accetta il compito di musicare il balletto Dynamiade. Il libretto è firmato dal regista cinematografico Alexander Ivanovsky e lo spettacolo sarà messo in scena dal prestigioso Kirov Ballet di Leningrado. Vi si narra (all'incirca) la storia di una squadra di calcio sovietica che deve esibirsi all'Esposizione Universale in una città europea (U-town) oppressa dal regime fascista. La squadra farà esperienza di tutta la decadenza e la crudeltà di cui è preda il capitalismo, ma troverà anche degli alleati: una ginnasta figlia di un diplomatico che si innamora di uno dei giocatori, e la classe operaia che si riversa allo stadio per applaudire i suoi eroi, liberandoli dal carcere in cui erano finiti persino, per via delle mosse di un agente provocatore. Sostakovic lavora alla musica durante un vacanza nel Caucaso. Scrive i tre atti con la consueta velocità. Sta vivendo la fase più spensierata della sua carriera. Da un viaggio in Germania è tornato con le orecchie e gli occhi pieni di jazz, cabaret, ballabili. E poi: agit-prop, Kurt Weil, Honegger, Alban Berg. Riversa tutto con grande ironia dentro ogni quadro. Fa iniziare La partita di calcio con un colpo di fischietto e giù xilofoni, tromboni glissanti, percussioni. Indulge a rappresentare la "decadenza" capitalista ricorrendo ai ritmi più esotici. Fa un arrangiamento di Tea for two che diventerà uno dei suoi pezzi più popolari. Naturalmente è questa la parte più divertente della cosa, altro che decadenza. In realtà, da alcune lettere recentemente pubblicate in Trascrivere la vita intera (Il Saggiatore) sappiamo che Sostakovic ha provato più volte a rinunciare al lavoro. Ha da ridire sul libretto, che considera una vera cazzata. Non si fida del regista. Ottiene che il titolo venga cambiato in L'età dell'oro . Alla prima di Leningrado si mostra soddisfatto del momentaneo successo ma poi, quando dopo 20 repliche lo spettacolo aspramente criticato per il suo modernismo viene tolto dal cartellone, si sfoga così: «L'azione scenica va per conto suo, la musica per conto suo (...) Della musica rispondo io: è eccezionalmente ben riuscita (...) Ma d'ora in poi voglio comporre cose su soggetti che mi emozionino davvero». Cinquant'anni ha dovuto aspettare L'età dell'oro per andare di nuovo in scena, con la compagnia del Bolshoi. E altri 25 per riapparire, lo scorso luglio, su un palcoscenico inglese con le coreografie dell'americano Noah Gelber. L'esecuzione musicale integrale esce in questi giorni per la Naxos con la direzione di Josè Sebrier e la Royal Scottish National Orchestra, nel quadro delle celebrazioni per il centenario della nascita del musicista. E' ancora splendida. La cancellazione de L'età dell'oro fu uno dei primi segnali della discesa di Sostakovic negli inferi della persecuzione staliniana. E' curioso che questo avvenga con un operina ispirata al calcio. Perché Sostakovic era un tifoso, e non per modo di dire. La figlia Galina ha raccontato una volta che «conosceva a memoria i nomi di tutti i giocatori» e in un grande album annotava formazioni, schemi e cronache. A questo proposito, l'epistolario del Saggiatore riporta due lettere del 1940 scritte all'amico pittore Lebedev, con la cronaca degli incontri Dinamo Leningrado-Ali dei Soviet Mosca 1-0 e Lokomotiv Mosca-Zenith Leningrado 1-6 («se lo Zenit continuerà a giocare così - scrive della sua squadra del cuore - ci sono speranze di arrivare in serie A»). Sono scritti eccezionalmente competenti. Un aneddoto vuole che una volta il musicista sostuisse un amico cronista che non era riuscito ad arrivare allo stadio perché troppo ubriaco. Ma il tema de L'età dell'oro - la superiorità del mondo sovietico sul capitalismo occidentale dimostrata attraverso il calcio - era troppo grossolano perché un esperto come Sostakovic potesse prenderlo sul serio. Il calcio sovietico viveva ancora nell'ombra della sconfitta terrificante patita dalla Russia alle Olimpiadi del 1912 a Stoccolma: 16-0 contro la Germania. Certo, nel 1925 l'Urss aveva sconfitto la Turchia per 3-0, ma faceva ancora il Metodo dei primordi, con il centromediano e cinque attaccanti in linea. E nel 1936, la fortissima Spartak Mosca - che aveva giocato davanti a Stalin sulla piazza Rossa - venne sconfitta 2-1 a Parigi dal Racing, che praticava se non altro un gioco più moderno, con il W in attacco. Quel 1936 fu importante anche per Sostakovic. E' l'anno di Lady Macbeth , l'opera che venne attaccata in prima pagina dalla Pravda con l'articolo Caos anziché Musica ispirato (se non scritto) direttamente da Stalin. Il musicista cadde nella paranoia più totale. Mentre conoscenti e familiari finivano uno dopo l'altro nelle mani della polizia segreta, lui aspettava con una valigetta pronta accanto al letto. La chiamata arrivò un giorno del 1937. In un ufficio della Nkvd di Leningrado, l'inquisitore Zakrewski cercò di farlo confessare di aver partecipato ad un attentato a Stalin. Ma era sabato e siccome la cosa andava per le lunghe, Sostakovic venne riconvocato per il lunedì. Tornò, e chiese di Zakrewskij. Gli dissero che era stato fucilato per alto tradimento. Lo lasciarono andare. In quello stesso 1937, lo Spartak affrontò a Mosca una rappresentativa dei Paesi Baschi (traggo questa storia dal bel libro di Curletto, Spartak Mosca). I baschi, tatticamente superiori, avevano già battuto la Lokomotiv e la Dinamo Mosca. Lo Spartak invece fece la cosa giusta: agli ordini del suo calciatore più rappresentativo Nikolai Starosni, si dispose in campo con il W in attacco e il centromediano arretrato, componendo un inedito Sistema all'inglese. Il modernismo della cosa fruttò un punteggio insperato: 6-2 per lo Spartak. Su questa storia non abbiamo commenti di Sostakovic che, quanto a modernismi calcistici, non aveva nulla da imparare. Sappiamo invece che Starosin e lo Spartak entrarono di lì a poco in rotta di collisione con Lavrentij Beria, il nuovo capo dell'Npkd, e presidente della Dynamo. L'aneddoto più inquietante vuole che Beria, mediocre mediano in gioventù, avesse incontrato negli anni '20 l'ala destra Starosin in una partita. «E' quello Starosin che un giorno mi sfuggì a Tbilisi», disse ai suoi collaboratori il giorno che incontrò di nuovo il giocatore. E così nel 1942 Starosin fu arrestato, accusato di ogni genere di nefandezza, mandato in Siberia. Anche Sostakovic passò gli anni della guerra nella Russia orientale, sfollato da Leningrado. In alcune lettere parla ancora di calcio. Cerca di seguire sui giornali i risultati della sua Zenith e a volte va a vedere l'hockey, ma non si diverte. «Mi sono ricordato di quando andavamo allo stadio Lenin. Mi sono ricordato dei giorni felici», scrive malinconico. Nel 1944 compone la musica per il film I giovani di Maxim . Dentro c'è la licenziosa canzonetta su un donna portiere: «Chiudo le gambe/ ma la palla passa lo stesso/ e io sono perduta». Nel 1947 pubblica su un giornale un pezzo di introduzione al prossimo campionato di calcio: serve a lanciare il nuovo balletto che contiene un quadro intitolato Football . E' una buffa marcetta di due minuti, sbrigativa, scritta con la sinistra. La porta in scena una compagnia della famigerata Npkd. Ma non basta. Nel 1948 Zdanov formula l'infamante e nota accusa di formalismo per Sostakovic. E adesso lo dipingono come un uomo nevrotico, paranoico, invecchiato. Solo allo stadio, dicono gli amici, diventava un altro. Urlava, si arrabbiava, era felice. «Il calcio - sosteneva - è l'unico posto dove ognuno può dire quello che pensa e quello che dice». |