Spunti di riflessione

Fattore Ultras

Qualche fermo immagine. Genova. A quindici anni dall’assassinio di Vincenzo Spagnolo si decide di riaprire Marassi ai tifosi milanisti; poche ore prima dalla partita però si è costretti a fare marcia indietro, troppi rischi, si gioca a porte chiuse. Roma. Lazio-Roma, posticipo domenicale… anticipato di due ore! Il buio favorisce gli agguati tra gli ultras delle due squadre e degli ultras tutti contro le forze dell’ordine; poi siccome il buio arriva ugualmente (ma i contratti tv valgono più della sicurezza?), a fine partita un ragazzo finisce all’ospedale per una coltellata in faccia e una signora si salva a stento con i suoi due bambini dall’auto in fiamme durante gli scontri tra opposte fazioni. Torino. Ultras del Parma in trasferta commemorano Matteo Bagnaresi scontrandosi con gli ultras della Juve dentro lo stadio: partita interrotta per sei minuti, in un clima teso e irrespirabile per i fumogeni e le bombe carta. Genova. Gli ultras del Genoa e della Sampdoria si scontrano violentemente fuori dello stadio prima del derby. Bergamo. Per due giorni la squadra locale è costretta a sospendere gli allenamenti per una contestazione violenta contro la società. Roma. Scene di ordinaria follia durante e dopo la finale di Coppa Italia, dentro e fuori il campo. Milano-Roma. Milan-Juventus e Lazio-Udinese vengono anticipate a oggi per evitare che ci possano essere contatti pericolosi tra tifosi che escono dallo stadio e folle interiste o romaniste, festanti per la vittoria dello scudetto. Può bastare per avere un quadro sconfortante del calcio italiano oggi? Le cronache dicono molto altro e soprattutto annunciano molto di più.
Ancora qualche flash. Non dal calcio questa volta, bensì dalla società. Dove diminuisce la capacità di spesa delle famiglie e dove cresce la disoccupazione, soprattutto quella giovanile. La crisi economica aggredisce selvaggiamente le fasce sociali più deboli, corrode con violenza gli spazi di vita di quelle porzioni di società già pesantemente ai margini o in via di marginalizzazione. Sullo sfondo la rivolta del popolo greco, le città in fiamme, l’insubordinazione fuori controllo. Le parole del ministro Maroni sui rischi di una esplosione delle tante banlieu cresciute nelle metropoli italiane, in un contesto di questa natura, risuonano oltremodo sinistre. Il lavorio di compensazione svolto quotidianamente, con tenacia, controcorrente, da quel tessuto di associazionismo democratico che anima la società italiana – i sindacati, le parrocchie, il volontariato, l’Arci, ecc. – che ha consentito di gestire il disagio di milioni di immigrati, di orientarlo verso forme di convivenza «possibile», rischia di naufragare di fronte all’incalzare della crisi. E allora, anche qui potrebbero arrivare i giorni della rivolta, della violenza, della guerra interrazziale, delle periferie che bruciano. Sarà forse a questo che pensava il Presidente della Repubblica quando, settimana scorsa, si è soffermato sul rischio di una tensione, di una violenza che dal calcio oggi potrebbe espandersi, domani, sui conflitti più generali della società?
Di certo si deve ripartire da qui: continuare a inquadrare la questione ultras unicamente all’interno del mondo del calcio rischia di rivelarsi un atteggiamento estremamente riduttivo e pericolosamente fuorviante. Occorre ormai concentrare la riflessione sul processo inverso a quello che, molto a fatica, si è cercato di interpretare nei decenni passati: quello che il calcio ha ricevuto dalla società in termini di tensioni sociali, di fasce giovanili in subbuglio, di loro bisogno di aggregazione, di voglia di identità, di desiderio di partecipazione, oggi il calcio restituisce alla società in termini di gruppi organizzati, di ideologia diffusa, di disponibilità alla violenza e allo scontro, di maturazione di una coscienza antagonista verso lo Stato o peggio verso la democrazia. Gli scontri a Roma, con l’assalto a commissariati e caserme, il giorno tragico dell’assassinio di Gabriele Sandri, sono un episodio che esemplifica e riassume le coordinate di questo processo. Consapevoli della forzatura, si può affermare che in qualche modo le curve a partire dagli anni ‘80 hanno funzionato un po’ come la scuola di massa degli anni ‘60: lì milioni di giovani trovavano il modo di maturare ideologie anticapitalistiche, coscienza democratica e protagonismo sociale; nelle curve, invece, milioni di giovani, lungo decenni, grazie all’attività di «avanguardie» consapevoli della destra estrema, hanno avuto modo di crescere nel culto della forza, del separatismo, del nazionalismo e della sopraffazione. Oggi questo feed-back rischia di incrociare, nella vita di tutti i giorni, gli effetti disastrosi delle crisi economica e sociale. E di contribuire a innestare dinamiche conflittuali difficili da controllare.
La tessera del tifoso (se si farà), i tornelli, gli steward, i Daspo (per quanto discutibili, giuridicamente e moralmente), il ridisegno architettonico degli spalti, la distribuzione nominale dei biglietti, il lavoro (oscuro, a volte incomprensibile, ma non privo di efficacia) del Casms: il calcio ha trovato un suo percorso per controllare il «fattore ultras». Vi è indubbiamente il perfezionamento del necessario lavoro di prevenzione e di intervento repressivo da parte delle forze dell’ordine e l’omicidio Raciti in questo senso ha segnato uno spartiacque, anche se errori gravissimi come quello del pestaggio e dell’arresto di Stefano Gugliotta a Roma dopo la finale di Coppa Italia – per non tornare sul terribile e imperdonabile omicidio Sandri – evidenziano scivolamenti pericolosi e pieni di rischi.
Tuttavia il «fattore ultras» rischia di riversare tutto il suo potenziale eversivo nei conflitti di una società attraversata da processi grandi e gravi di trasformazione. Chi pensasse di affidare al ministro Maroni, o a qualche corpo speciale di polizia, la soluzione di questo problema e dei problemi che da esso seguiranno, non ha molta strada davanti a sé. Servono risposte politiche per governare i conflitti razziali prossimi a esplodere nelle nostre banlieu. Servono proposte politiche per disinnescare, soprattutto tra i giovani, l’antagonismo feroce verso la società multirazziale maturato in decenni di militanza nelle curve italiane. Risposte e proposte riconoscibili, praticabili, morfologicamente differenti e avverse alla cultura del privilegio oggi dominante.

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