La
cocaina, droga
d'abuso
Parla il re dell'antidoping, il dottor Giuseppe Capua.
«Assumere cocaina non è un gesto antisportivo, non si fa per fregare, ma è il frutto di un disagio sociale»
Un altro calciatore professionista è stato trovato positivo alla cocaina durante un controllo antidoping. È il terzo caso quest'anno. Non è un gran numero se si danno per vere le spericolate analisi eseguite ultimamente su acque e arie delle nostre città. Per le quali i consumatori di cocaina in Italia sarebbero una percentuale molto più alta rispetto a quella dei calciatori. Che normalmente non vengono dipinti come dei virtuosi. Ma il problema è un altro. E riguarda la pena comminata a chi fa uso di cocaina. Angelo Pagotto è recidivo e quindi per lui probabilmente scatterà la radiazione, vale a dire la massima squalifica possibile per un giocatore. La cocaina però è una droga sociale, non sportiva. Non è l'epo o il nandrolone, per intenderci. Nessun dottore mai la prescriverebbe per migliorare le prestazioni. Per questo motivo dovrebbe essere considerata in maniera diversa, come qualcosa legata più alle vicende personali di una persona che a quelle professionali. Anche perché il rischio, per chi ne è dentro fino al collo, è di cadere, una volta impossibilitato a giocare, in una irreversibile depressione. Come quella che spinse Edoardo Bortolotti, giovane terzino del Brescia trovato positivo per cocaina e squalificato per due anni, al suicidio. Abbiamo discusso di questo problema con Giuseppe Capua, ex calciatore e soprattutto affermato medico ortopedico, che dall'agosto del 2001 è il Presidente della Commissione Federale Antidoping.
Cocaina nei cieli, cocaina nei fiumi, cocaina nelle stanze dei ministeri: eppure solo il mondo del calcio pare fare qualcosa...
Da alcuni anni la Commissione federale antidoping sta lottando contro l'utilizzo della cocaina da parte di calciatori. In questo senso abbiamo anche in serbo un progetto ad hoc. L'obiettivo è sensibilizzare il mondo del calcio riguardo un problema che sconvolge tutta la società, non solo lo sport. L'anti-doping è l'unico strumento che si può utilizzare in tal senso. E deve essere utilizzato soprattutto per il suo grande valore di deterrenza, in special modo tra i più giovani. A loro si deve dire: se volete giocare e fare questa professione per molti anni dovete stare attenti. Perché gli sportivi, al contrario di altri professionisti come i chirurghi, gli avvocati ecc., sono gli unici che vengono periodicamente controllati.
La cocaina non è però un doping nel senso stretto del termine
La cocaina non migliora la prestazione. Ma, cosa più grave, è semmai una droga d'abuso. Per questo - anche se la cosa, sia ben chiaro, non dipende dalla nostra commissione - le pene per chi è stato beccato ad aver assunto questa sostanza dovrebbero essere modulate alla colpa. Che non è una colpa antisportiva, perché non si sta cercando di fregare l'avversario. Ma è semmai il frutto di un disagio sociale. Una sanzione equa, secondo me, sarebbe quella di recarsi nelle scuole a descrivere i problemi cui si va incontro prendendo cocaina, oppure partecipare a momenti di sensibilizzazione del problema presso le comunità di recupero. Si potrebbe così comminare una pena senza incorrere nel rischio di rovinare delle esistenze. Anche perché finché sono calciatori sono controllati, quando non lo sono più...
Infatti Edoardo Bortolotti ha finito per suicidarsi...
Sì. Il problema di certe pene è proprio questo. Dare condanne esemplari, oppure addirittura radiare i calciatori, può essere controproducente. Anche perché così facendo certi calciatori, come Pagotto se sarà radiato o come Bachini, non saranno mai più controllati.
Quest'anno alcuni calciatori professionisti sono stati trovati positivi per cocaina. Pochi per altre sostanze. Possibile che i giocatori non assumano più sostanze che migliorano le loro prestazioni?
Ciò significa che il controllo anti-doping funziona. E funziona talmente bene che ora per i giocatori non è più possibile assumere le sostanze che prendevano un tempo.
È troppo rischioso.
Sarà. Ma perché i test su Pagotto sono stati eseguiti a Colonia?
Anche qui, nessun mistero. Le analisi da fare sono tante, davvero troppe. In Italia non siamo in grado di eseguirle tutte. Così ci affidiamo a laboratori esterni, anche esteri, regolarmente convenzionati. Stiamo facendo un ottimo lavoro. E i risultati si vedono.
Ritorno all'inferno
Il portiere Pagotto trovato positivo per cocaina dopo Crotone-Spezia
Il portiere del Messina, Nicola Caglioni, a febbraio. Il fantasista della Samp, Francesco Flachi, a maggio. E ora Angelo Pagotto, portiere del Crotone ma già protagonista di una tormentata epopea. L'estremo difensore, 33 anni, è risultato positivo all'antidoping, in occasione della gara Crotone-Spezia, del 28 aprile 2007. Il Laboratorio ha rilevato la presenza di Benzoilecgonina (matabolita cocaina) nel campione sottoposto ad analisi.
La polvere bianca fa subito pensare a Maradona e al suo amico Caniggia, entrambi pescati positivi ai controlli per la coca (come pure il romeno Mutu, ai tempi del Chelsea). Non è la prima volta per il ragazzone di Verbania che era stato anche il portiere titolare dell'under 21 di Cesare Maldini, campione d'Europa nel 1996 (parando ai rigori i tiri di Raul e De la Pena,nella finale contro la Spagna), l'apice della sua carriera.
Poi una sfortunata stagione al Milan e un pellegrinaggio tra Empoli, Reggina e Perugia fino allo scandalo cocaina del 2000, un lungo calvario. Squalificato per due anni (stop record per il calcio italiano), il Perugia gli rescinde il contratto. Pagotto giurerà sempre la propria innocenza, nonostante l'ammissione di colpa potrebbe fruttargli un consistente sconto.
Si apre anche un processo penale, basato sul sospetto - avanzato dallo stesso Pagotto - che sia rimasto vittima di uno scambio di provette. Finisce con l'archiviazione, ma restano le ombre sulla irregolarità dei prelievi (e le voci di spogliatoio raccontano che la provetta incriminata era di Nakata, la stella giapponese che doveva essere venduta d'estate con un notevole guadagno).
Per 20 mesi il portiere si allena da solo, finché, anche grazie agli appelli della mamma Cosetta, gli viene ridotta la pena di quattro mesi. Nel 2001-02 lo ingaggia la Triestina, C1. Finalmente sembra l'inizio di una storia diversa. E lo è, almeno finchè la Triestina vince anche grazie alle sue parate. Arriva la promozione attraverso i playoff. Ma in B, dopo un buon avvio, il giocattolo si rompe, così come il ginocchio di Pagotto. Finisce in panchina.
L'anno dopo ricomincia daccapo. All'Arezzo, ancora in C1. Ed arriva l'ennesima promozione. I toscani conquistano la B con largo anticipo. Un'altra stagione all'Arezzo. Poi, nell'agosto 2005, è al Torino di Urbano Cairo, in serie B. Dopo una parentesi a Grosseto, il Torino lo scorso gennaio lo cede in prestito al Crotone dove non è molto utilizzato. In questi giorni era in procinto di accordarsi con la Salernitana. Ora il rischio radiazione, com'è accaduto in passato a Bachini, è molto concreto.
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