Spunti di riflessioneI veri naufraghi del pallone 
All'inizio di novembre si è svolta in Francia la prima Conferenza internazionale del giovane calciatore africano. Un confronto organizzato da "Culture Foot Solidaire" per fermare la tratta dei migranti invisibili del football

Ci sono Drogba, Etoo e Ronaldinho. Le stelle stratosferiche. Poi c'è una pletora di invisibili, di sans-papiers del pallone globalizzato. Nessuno sa esattamente quanti siano, dal momento che per la maggior parte di loro il viaggio-speranza verso l'Eldorado del calcio si conclude con un naufragio che li consegna ad altri e miseri lavori, e alla clandestinità. Secondo Jean-Claude Mbvoumin, ex-nazionale dei leggendari Leoni Indomabili camerunensi, quelli che per primi rivelarono al mondo la qualità del calcio africano, sono migliaia. Nel 2000, Mbvoumin ha fondato Culture Foot Solidaire, di cui è il presidente, a sostegno dei tanti aspiranti calciatori del suo continente perduti alla ricerca del sogno. Culture Foot Solidaire ha raccolto le testimonianze di circa 600 ragazzi africani che presentano le analogie di un medesimo copione: la smania di cercare fortuna in Europa; l'esistenza di una rete di mediatori e agenti che si incaricano di organizzare i viaggi al nord; l'ingresso con un semplice visto turistico; il sequestro del passaporto da parte degli intermediari in loco, come avviene nel caso della tratta delle schiave della prostituzione, che li trasforma di colpo in clandestini in attesa di un ingaggio. Il 90% dei ragazzi contattati dalla Culture Foot Solidaire vive fuori dal suo paese di origine in stato irregolare. Per molti di loro il calcio è rimasto una chimera: hanno ripiegato su lavori di bassa manovalanza in nero. 
L'offerta di calciatori in Africa è abbandonate e gli scout dei grandi club esplorano il continente a caccia di talenti giovanissimi secondo una logica che Raffaele Poli, ricercatore al Centro di studi sullo sport di Neuchâtel ha definito come perlopiù speculativa. Si tratta di una delocalizzazione produttiva, essendo i costi della formazione di un calciatore in Europa troppo elevati rispetto ai prezzi di acquisto di un giovane già addestrato. Ma accade che una prestigiosa accademia come la MimosSifcom in Costa d'Avorio sforni solo una cinquantina di giocatori a stagione, i quali peraltro aspirano ai massimi campionati europei. La pietra miliare di questa dinamica di mercato si è avuta nel 1995 con Ibrahim Bakayoko trasferito dallo Stade d'Abidjan al Montpellier Hsc per un valore pari a 15.000 euro. Tre anni dopo il giocatore ivoriano sarà venduto all'Everton per 7 milioni di euro. Ma il problema non risiede tanto in questi canali normati, quanto nel mercato parallelo; non è tanto quello dei giovani allevati nelle scuole calcio e nei pochi club africani, quanto quello dei dilettanti che si accalcano alla ricerca di un ingaggio fra i semiprofessionisti e nelle squadre dilettanti europee. Anche un salario di 1000 euro al mese vale l'avventura di queste figure di migranti e braccianti del pallone. Liberation ha pubblicato lo scorso 16 settembre la testimonianza di uno di questi ragazzi, Joseph, avvicinato a Yaoundè da un sedicente agente e finito in Francia, abbandonato a sé stesso e costretto per sbarcare il lunario a giocare in una squadra alsaziana per 400 euro al mese. Malgrado tutto, Joseph è uno dei pochissimi che ce l'hanno fatta: oggi è tesserato per il club svizzero Baulmes e ha documenti regolari per sé e la famiglia. Ma ogni volta che torna a Yaoundè organizza riunioni per allertare i giovani dei rischi che corrono cercando fortuna in Europa. Riferisce drammi e fatiche dell'esercito di riserva dei giocatori africani ai margini del mondo del pallone. 
Per iniziativa della Culture Foot Solidaire si è svolta in Francia il 2 novembre a Enghien-les-Bains la prima "Conferenza internazionale del giovane calciatore africano", nella quale sono stati illustrati gli aspetti inquietanti di quello che anche l'Uefa ritiene un groviglio. Henri Roemer, consigliere esecutivo della Federazione europea, ha ribadito la tesi Uefa che la risposta ai fenomeni di tratta e schiavitù deve essere di carattere politico e di polizia. Mentre Robert Beraud, responsabile dell'area pedagogica dell'Olympique Lione, ha lanciato un appello alla nazionale francese e ai club affinchè si guardino dai «trafficanti che intendono vendere come merce ragazzini di 13-14 anni». Ma far cadere la responsabilità sui soli agenti e procuratori, sosteneva Poli, è incongruo stante l'esistenza di vari attori nel mercato selvaggio del pallone in cui si muovono faccendieri di ogni risma che profittano dell'"effetto chiamata" delle grandi stelle africane nel calcio europeo sui giovani del continente. Del resto finchè il calcio africano non disporrà di campionati credibili, ammette il presidente dell'associazione France-Benin Football Plus, Jules Kodjo, non si potrà porre freno alla diaspora. Il problema della fuga verso l'Eldorado è segnalato anche nei paesi poveri dell'Europa orientale e in Brasile, dove nei giorni scorsi è esploso il caso di Carlos Alberto, iridato nel 2003 con una maglia verdeoro Under 20 che non avrebbe dovuto indossare perché aveva falsificato il suo documento anagrafico. La irregolarità sportiva è materia per la Fifa, ma il giocatore ha candidamente ammesso di aver contraffatto i documenti per sfuggire alla fame. In Brasile i cosiddetti gatos, i bari per salire sulla giostra del pallone, sono parecchi e mentre nei grandi club non è possibile sfuggire alle maglie dei controlli medici che accertano l'età effettiva, molto più facile è farlo nelle società minori che si accontentano di una certificazione. 
Mbvoumin propone che i club professionistici, l'Uefa e la Fifa alimentino "fondi di solidarietà internazionale" per dare vita a campionati ben strutturati in Africa e a centri di prevenzione per informare i giovani sui rischi dell'espatrio improvvisato e offrire loro alternative al miraggio del football. Un calcio-pedagogia piuttosto che un calcio-utopia. Un'interessante esperienza pilota è stata varata in ottobre sotto gli auspici del governo spagnolo che ha favorito una convenzione tra la Guinea equatoriale e il club del Logroñes, che coordinerà il settore tecnico della nazionale africana: a dirigerla va Quique Setien, ex-giocatore dell'Atletico Madrid; ma si tratta di un laboratorio più articolato che coinvolgerà in un programma di sport di base 200.000 ragazzi sotto i 15 anni di età.

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