Spunti di riflessioneUna magnifica domenica da Fare 
VeneziaMestre contro il razzismo. Una serata in pescheria a Rialto coi tifosi neroverdi, gli ultras, i giocatori Poggi e Piovesan e l'allenatore Di Costanzo

Una serata insolita in pescheria a Rialto. Quasi duecento persone, giovani e meno giovani, donne e uomini, riunite ad ascoltare alcuni dei loro benianimi, l'allenatore del VeneziaMestre Nello Di Costanzo, i calciatori Paolo Poggi e Alessandro Piovesan, che parlano di antirazzismo. Perché il VeneziaMestre è la prima squadra italiana ad aderire al progetto Fare, Football Against Racism in Europe, calcio contro il razzismo. Il progetto promosso dall'Uefa ha l'obiettivo di sensibilizzare e prendere posizione contro qualsiasi forma di discriminazione, in campo o sugli spalti. Un progetto che nasce nel 1999 per riunire chi in Europa si impegna contro le varie forme di intolleranza, da associazioni a gruppi ultras, da atleti a società. 
La serata insolita, ma non per i tifosi veneziani che già in passato hanno affrontato il problema del razzismo negli stadi, è stata organizzata da Noiultras e Panafrica. Oggi la curva arancioneroverde avrà una coreografia speciale. Allo stadio Penzo di Sant'Elena, dove il Venezia incontra il Pavia ci saranno infatti gli striscioni contro il razzismo realizzati dagli ultras. Verrà inoltre distribuito un numero speciale della fanzine United Against Racism e il libro Attacco antirazzista, un rapporto su razzismo e antirazzismo nel calcio curato da Mauro Valeri. Oggi dunque sarà una domenica speciale al Penzo, anticipata dalla serata in Pescheria a Rialto. 
«Ho avuto la fortuna - dice Paolo Poggi, goleador che in molti ricordano anche in maglia granata - di cominciare a giocare a pallone a Sant'Elena, per strada. C'erano un prato e due alberi a far da porta». Calciatori e allenatore per tutta la serata non parleranno mai di 'calcio' ma di 'gioco al pallone'. «Perché di questo si tratta - dice l'allenatore Nello Di Costanzo - Un gioco che catalizza origini diverse, ceti sociali diversi, nazioni diverse attorno ad un linguaggio universale di cui non si può mai dimenticare che è, appunto, un gioco».
Per Poggi «giocare per le calli di Venezia» ha influito anche nel «mio essere antirazzista. Sono cresciuto - dice il calciatore - in una famiglia antirazzista e in una città che è per le sue stesse caratteristiche antirazzista. I veneziani si lamentano dei turisti, ma alla fine quando se ne vanno a noi rimane una ricchezza in più». Alessandro Piovesan, giovane attaccante lagunare aggiunge che «è bello vedere riunite tante persone diverse, che provengono da culture, paesi e strati sociali diversi. Abbiamo abbattuto barriere e questo dev'essere il gioco del pallone. Stiamo parlando di una cosa fondamentale, il rispetto dell'uomo». Eppure, basta leggere il meticoloso Attacco Antirazzista curato dal sociologo Mauro Valeri per rendersi conto che è ancora lontano il momento in cui lo sport sarà libero dal razzismo. Purtroppo in Italia come altrove, «quando non viene negato il razzismo negli stadi viene sottovalutato», dice Valeri.
Il rapporto analizza per il campionato 2005-2006 ben 78 episodi di razzismo, 75 messi in atto dai tifosi e tre da tesserati, 51 episodi sono riferibili ad insulti razzisti e 24 all'esposizione di striscioni. 35 gli episodi avvenuti in serie A e 25 in serie B. Il totale delle ammende assegnate dal giudice sportivo per episodi di discriminazione razziale si aggira intorno ai 290mila euro. Quando si parla di razzismo e discriminazione in genere ci si riferisce a episodi avvenuti in campo. Grave però è anche il problema legato al tesseramento dei ragazzi alle attività agonistiche. La mancanza di documenti, la fragile situazione che molte famiglie di immigrati vivono si ripercuote anche sullo sport. Ma c'è chi in federazione provinciale ha più volte disatteso le regole, tesserando ugualmente i ragazzi permettendo loro di non rimanere esclusi dal "gioco". Gli ultras sottolineano il fatto che la Figc ha spesso usato il razzismo come strumento per criminalizzare il tifo organizzato. Le iniziative calate dall'alto, dicono i tifosi, ottengono poco. Molto più importanti quelle che partono dal basso. Valeri ha spiegato i limiti delle leggi italiane su questo fronte, evidenziando che nel nostro paese è ancora il legame di sangue a sancire la nazionalità, ignorando tutti quei ragazzi che sono la seconda generazione di immigrati, quelli nati nel nostro territorio, e che la legge vede ancora come stranieri. 
Alessandro Piovesan critica aspramente chi fa leva su fame e miseria per sfruttare dei ragazzini e le loro famiglie che pagano montagne di soldi a procuratori senza scrupoli in cambio una promessa raramente (o mai) mantenuta: un posto nel "paradiso della serie A" italiana. A Padova lo scorso anno arrivarono sei ragazzi dalla Nigeria, con la promessa di un posto all'Inter. Furono abbandonati in stazione senza documenti né soldi, con il rischio di espulsione. Le loro famiglie hanno venduto quel che avevano per potergli pagare questo viaggio. Ora vivono dell'aiuto di associazioni come Razzismo stop, senza certezze. Uno di loro ha rischiato nei giorni scorsi l'espulsione. Assisteva ad una partita di Champions in tv quando alcuni agenti gli hanno chiesto il permesso di soggiorno. Per tutti il fenomeno della tratta va fermato. Di Costanzo fa intendere che si aspetterebbe di più su questi temi dai protagonisti della serie A, ma fa anche capire che certi valori valgono in qualsiasi categoria. di Orsola Casagrande e Ivan Compasso

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