Spunti di riflessione«Voleva scoprire chi barava al suo tavolo» 
Intervista all'ex allenatore dell'Inter, Gigi Simoni, che nel '98 inseguì l'arbitro dopo un rigore negato contro la Juve. «Far pedinare De Santis è stato un errore ma a livello sportivo ci può stare. Calciopoli è stata molto più grave»

Quell'immagine, tra il surreale e il drammatico, fece il giro del mondo, diventando un'icona del malaffare pallonaro italiano. L' arbitro Ceccarini ha appena negato un rigore a Ronaldo e insegue Del Piero lanciato in contropiede verso l'area interista. Dietro di loro, però, non c'è la squadra nerazzurra in ripiegamento, ma un piccolo allenatore provinciale e proletario, arrivato al grande calcio dopo la gavetta di una vita, che invaso il campo di gioco corre dietro all'arbitro, intenzionato a urlargli in faccia tutta la frustrazione di chi si vede defraudare da una forza misteriosa il sogno di una vita. Dieci anni dopo quel Juventus-Inter che segnò un'epoca, la forza ostile che gli impedì l'impresa è meno misteriosa, mentre lui, Gigi Simoni, è tornato in provincia, per lavorare dietro la scrivania della Lucchese. «Dal 1955 sono stato giocatore, allenatore e dirigente. In tutto questo tempo ho visto molte cose strane, alcune le ho immaginate, altre le ho accettate. Non posso quindi dire di aver vissuto sulla luna. Negli ultimi anni, però, si stavano creando situazioni imbarazzanti, che qualche personaggio guidava in modo esagerato, quasi sfacciato. In uno sport come il calcio nel quale girano molti soldi è normale che tutti si diano da fare, che tutti cerchino l'appoggio, il favore. E' normale che ci sia qualche discrepanza. Però le intercettazioni hanno confermato in peggio quelle che potevano essere solo sensazioni o sospetti. Hanno chiarito il dominio di alcune società e l'interessamento di altre per entrare in determinate vicende. E questo devo ammettere che proprio non me lo aspettavo. Scoprire certe cose mi è sembrato impensabile. Pensavo che fosse più limitato sia il comportamento di certe persone sia l'attitudine ad adeguarsi di altre». Dopo l'estate dei processi, tira una brutta aria di restaurazione. Questo se lo aspettava? «La Juventus in serie B con tanti punti di penalizzazione, il Milan anche lui penalizzato di 8, la Lazio e la Fiorentina idem. I vertici arbitrali e delle federazioni saltati. Moggi squalificato. Non mi pare si possa dire che non è successo niente. Certo, il fatto che siano saltate teste importanti non significa che il calcio sia guarito. Il calcio è uno sport difficile, con gli stessi problemi di sempre, che oggi non si può dire siano stati debellati. Intorno a uno sport così ricco c'è sempre un'attenzione spasmodica ed esagerata. Questo induce comportamenti spesso poco corretti. Tutti mi sembra abbiano la volontà di migliorare. Il problema, però, non sono le regole. Sento parlare di riscrittura di regolamenti, di codici etici. Le regole ci sono già, basta farle rispettare. Tutto dipenderà da chi saranno i capi delle nostre istituzioni. Dipenderà dagli uomini. Se questi si adopereranno per far rispettare le regole allora le cose andranno bene. Altrimenti si tornerà a dire che le regole non ci sono. Sicuramente Rossi e Borrelli sono persone che si battono per la legalità. Non conosco il nuovo commissario, ma se anche lui si metterà sulla stessa lunghezza d'onda allora si andrà per forza incontro a un miglioramento». Lei conosce bene Massimo Moratti. Che idea si è fatto del pedinamento di De Santis? «Io dico che se uno cerca di scoprire se al suo tavolo qualcuno sta barando, be' allora la responsabilità non è poi così grande. Questo dal punto di vista calcistico. Se invece si parla di moralità sociale allora far pedinare un arbitro è stato sicuramente un errore. E io non so chi sia stato a farlo, perché ancora non sappiamo bene come siano andate le cose. A grandi linee, però, mi sembra di poter dire che tale responsabilità non fa prefigurare grosse pene. Quando Dal Cin denunciò la "combriccola romana" senza fornire prove fu multato... Parlare e accusare senza prove è un esercizio inutile e può essere punito severamente. Però qui mi pare che la cosa sia diversa. Quando immagini che ci sia qualcosa di strano e a un certo punto hai la possibilità di appurare se sia vero o no... sì, il metodo non è giusto, ma mi pare che la cosa si ponga proprio al limite dell'illecito. Ci può stare». Non teme che tutto torni come prima? «Sì, però la rivoluzione c'è stata e non bisogna sottovalutarne gli effetti. Certo che il motto "morto un papa se ne fa un altro" è sempre valido. Non sono così ingenuo di pensare che il calcio sia tornato quello di quarant'anni fa. I tempi sono cambiati ed è impossibile pensare di tornare ai valori di una volta. Però si spera che almeno per un po' tutti stiano più attenti. Che si lavori per portare un beneficio collettivo. E' un problema di uomini. Non credo a quelli che chiedono regole nuove. Le regole contro la slealtà sportiva ci sono, l'importante è che si facciano rispettare. E di Moggi in televisione e sui giornali che ne pensa? Moggi ha pagato e sta pagando i suoi errori, ma ciò non vuol dire che non possa andare in televisione, anche perché io penso che la parola non debba essere tolta a nessuno. Occorre però vedere chi gli fa il contraddittorio». Ma questo è un altro discorso.

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