É
lo stadio la carta vincente del calcio
Dalla Juventus al Perugia le società puntano a
migliorare la sicurezza e a progettare luoghi capaci di attrarre anche
le famiglie con concerti, centri commerciali e cinema - Un business su
modello inglese che porterà profitti ai club. Con 125 milioni, Moratti
sogna una struttura simile al Da Luz di Lisbona. Pochi spettatori. La
Reggiana (apripista) in trattativa per un unico sponsor: impianto e
maglia
Il calcio in crisi finanziaria, il calcio che vive
un'emorragia di spettatori ha ancora una partita da giocare: trasformare
gli stadi in luoghi sicuri, pensati per attrarre visitatori tutta la
settimana, con concerti, negozi e musei. In un Paese che ha come anno
medio di costruzione degli impianti il 1961, la gestione diretta modello
Chelsea o Manchester può apparire un miraggio. Ma i club italiani ora
cominciano a capire che il modello fortunato è quello inglese, che
richiama anche le famiglie, stacca sempre più biglietti al botteghino -
nonostante la forza della tv - e arricchisce i club.
Tra i progetti più ambiziosi c'è quello di Massimo Moratti, che
accarezza l'idea di un nuovo stadio per i nerazzurri, che ora dividono
il "Meazza" con il Milan. La cogestione avviene attraverso il
Consorzio San Siro 2000 che ha una concessione trentennale con il
Comune, al quale le due società pagano 6,9 milioni all'anno di affitto.
In Italia, d'altra parte, la proprietà è quasi esclusivamente dei
Comuni, fatto che non aiuta gli investimenti delle società. I due club
puntano ad acquisire l'impianto. Milan e Inter hanno offerto 35 milioni,
sulla base di uno studio di Pirelli Re, che ha fatto un'analisi
comparativa con la cessione del "Delle Alpi" alla Juventus. Il
Comune però ne richiedeva 150.
Ora le trattative per la cessione del diritto di superficie si stanno
avvicinando a una svolta. L'amministrazione entra in scadenza, i tempi
stringono. Le due società hanno affidato allo studio Boeri la
progettazione del quarto anello, collocato all'esterno dello stadio: un
recinto concentrico destinato ad accogliere servizi e spazi ricettivi,
aree commerciali, ristoranti. Ma ancora manca un business plan.
<Milano ha bisogno di uno stadio per le famiglie - spiega l'assessore
comunale allo Sport Aldo Brandirali -. Le questioni sono tre: qualità,
sicurezza e valorizzazione commerciale. Ma ancora le società non hanno
strategie chiare>. Al Consorzio dicono che entro un mese il piano
dovrebbe arrivare a Palazzo Marino. Poi il Comune affiderà la stima del
valore all'Agenzia del Territorio.
<L'Inter vuole rimanere al Meazza, questa è la nostra priorità -
afferma Luciano Cucchia, dirigente nerazzurro e a.d. del Consorzio -. Ma
se le trattative dovessero naufragare, dobbiamo partire subito con il
nuovo stadio. I costi al "Meazza" sono troppo alti>.
Moratti guarda al modello "Da Luz" di Lisbona, inaugurato
l'anno scorso per gli Europei, con 65mila posti e servizi di livello. Lo
stadio è costato circa 125 milioni. Un investimento simile potrebbe
essere necessario per il nuovo stadio, che potrebbe sorgere a Sesto San
Giovanni o a Rozzano. E la dirigenza dell'Inter intanto è andata a
visitare lo stadio del Manchester City.
A Reggio Emilia invece le ruspe si sono già messe in moto da qualche
settimana per costruire - su un'area di 25mila metri quadrati - un
cinema con 12 sale, una galleria commerciale, ristoranti, un albergo con
30 stanze. Tra un anno lo stadio "Giglio" diventerà così il
cuore di una cittadella dello sport perché lì sorge già un parco
acquatico e il Comune ha previsto nuove strutture tra cui il Palazzetto
dello sport. L'investimento è di 50 milioni. Ma i ricavi non andranno
nelle casse dell'A.C. Reggiana. La società ha ceduto i diritti
edificatori ad alcuni imprenditori. Una scelta inevitabile, per la
società appesantita dai costi di realizzazione dell'impianto - unico in
Italia di proprietà di un club - dieci anni fa, 30 miliardi di vecchie
lire.
In generale, <la privatizzazione degli stadi non risolve i problemi
del calcio ma aiuta - spiega Andrea Valentini, presidente del Credito
sportivo -. Però le società prima di pensare a questi investimenti
devono varare seri piani di risanamento. Poi ente pubblico e società si
devono mettere attorno a un tavolo>. La strada sembra obbligata.
<Non esiste stadio italiano che possa ospitare una finale di Coppa
europea. Siamo indietro. Bisogna lavorare su due versanti. In primo
luogo quello agevolativo, con incentivi fiscali o abbattimento dei tassi
interessi. E poi la sburocratizzazione delle procedure>.
Reggio Emilia intanto hanno un'altra carta da giocare: la società sta
trattando, primo caso in Italia, una sponsorizzazione unica per stadio e
maglia (ora rispettivamente, Giglio e Credem). Contatti sono in corso
con quattro società (nel settore finanziario, della grande
distribuzione e immobiliare) per un milione l'anno. Risorse fresche che
per 5-10 anni potrebbero essere reinvestite.
Anche Perugia è un caso innovativo. L'anno scorso la società ha
firmato una concessione per 80 anni con il Comune che prevede anche
dotazioni urbanistiche non sportive, per 90mila metri cubi adiacenti lo
stadio "Curi". La società dovrebbe ristrutturare lo stadio o
costruirne un altro ex novo, con l'aiuto dei finanziamenti a tasso
agevolati del Credito sportivo, che arriveranno solo quando A.C. Perugia
avrà ottenuto il diritto di superficie dal Comune. La banca dello sport
ha scelto il Perugia come progetto pilota a sostegno di stadi
polifunzionali. Infatti la società ha elaborato, con l'assistenza
legale, economico-finanziaria di Kpmg, un progetto per costruire un
albergo da 70-80 camere, un centro commerciale da 6.500 metri quadrati,
un centro congressi di 5mila metri quadrati, un "palamusica"
con 2.500 posti, uffici, ristoranti. La società è orientata a rimanere
nel "Curi", con un'ipotesi investimento da circa 35 milioni.
Nel caso di uno stadio nuovo, da 30mila posti, l'investimento
complessivo sarebbe di circa 50 milioni. Metà a tasso agevolato, metà
deriverebbero da una perequazione urbanistica con il Comune.
In Italia il primo caso di concessione per 99 anni è quello della
Juventus per il Delle Alpi, su una superficie (compresa l'area esterna)
di 356mila metri quadrati: a fronte di un canone di 25 milioni, dello
svolgimento della manutenzione ordinaria e straordinaria e di un
investimento iniziale di 150 milioni che "personalizzerà" lo
stadio sul modello di gestione avviato da Manchester e Chelsea. I lavori
dureranno 18 mesi dal rilascio delle concessioni edilizie, che dovrebbe
avvenire entro fine anno: si conta di finirli entro il 2006. Oltre al
rifacimento dello stadio per rendere più godibile lo spettacolo, anche
attraverso la riduzione dei posti da 75mila a 40mila tutti coperti,
l'investimento è finalizzato ad attrarre le famiglie sette giorni la
settimana, con negozi, bar, ristoranti, multisala, oltre alla sede
sociale, che troverà posto in una palazzina alle spalle della tribuna
nord, con il fan shop e il museo.
Ai 5,4 ettari di superficie utile esistente, completamente interessati
dal progetto di riqualificazione, si aggiungeranno 26.400 metri quadrati
di nuovo insediamento esterno alla stadio, destinato al commerciale (2
ettari di cui 1,7 vendibili) e al tempo libero (5mila metri quadrati,
quasi esclusivamente sale cinematografiche). Anche nell'area dello
stadio troveranno posto nuove attività di intrattenimento.
In forte ritardo sulla questione stadi è Roma, con l'Olimpico, per cui
solo un mese fa è stato presentato dal Coni un progetto di
riqualificazione da 100 milioni di investimenti che comprende anche il
restyling dell'intera area del Foro Italico, una superficie di 500mila
metri quadrati, posseduta per 310mila metri quadrati dal Coni e per i
restanti 190mila ancora di proprietà del demanio. Un "progetto
obiettivo" (così lo ha chiamato il Coni con riferimento alla legge
del ministro Lunardi) che parte in salita, considerando che la Lazio
accarezza l'idea di costruire un proprio impianto da 35mila posti fuori
del Gra. E che la Roma sembra più disponibile a una trattativa, che è,
però, tutta in salita.
Lo studio (elaborato dalla Coni servizi, spa direttamente controllata
dal ministero dell'Economia, e dalla Bain & Company) parte da un
obiettivo scontato, ridurre i costi gestionali che oggi vedono una
perdita di 11,5 milioni, con cinque milioni di ricavi e 16,5 di costi.
Ma si presenta come strumento vecchio, di origine pubblica e lontano dal
"modello Manchester", in cui la spinta viene dalle società
calcistiche. E per quanto si proponga l'insediamento di 80 esercizi
commerciali e l'attrazione di 2,8 milioni di nuovi utenti nell'area dei
servizi, anche la ricerca dei partner privati sembra tutt'altro che
semplice. L'Olimpico verrebbe riqualificato al costo di 15 milioni,
realizzando 50 box vip nelle tribune, un'area vip e stampa di mille
metri quadrati, un ristorante per 350 coperti e un fast food, musei e
negozi di Roma e Lazio e una sala conferenze.
di Alessia Maccaferri e Giorgio Santilli da Il Sole 24 Ore (L'articolo
è stato pubblicato grazie alla collaborazione di Rosanna M.)
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