Campionato crack
Buchi in bilancio. Debiti alle stelle. Ecco le carte federali che fotografano l'emergenza. Sei squadre di A rischiano di non essere iscritte al torneo. Come decine di altri club di B e C. C'è tempo fino al 12 luglio. Poi scatterà il divieto di gioco per chi non avrà i conti in regola
Le
squadre in pericolo
Un consiglio ai lettori: finché potete, e se ci riuscite, godetevi gli Europei di calcio. Con i divi campioni e gli sponsor milionari, le abbuffate di tv e di bel gioco (si spera). Durerà ancora due settimane, lo spazio di un sogno. O, se preferite, di un'illusione. Poi si ricomincia. Come l'estate scorsa e come quella prima. Anzi, forse peggio. Il mese prossimo, archiviata l'avventura portoghese, tornerà in scena il calcio nostrano. E cioè buchi in bilancio e debiti alle stelle, squadre sull'orlo dei baratro e presidenti sull'orlo di una crisi di nervi. Manca poco, ormai. Entro il 12 luglio le 132 squadre di serie A, B, C1 e C2 dovranno dimostrare di avere i conti in regola. In caso contrario sono fuori: niente campionato. Decine di club rischiano grosso. Nei corridoi della Federcalcio circola l'elenco delle squadre in bilico. La lista dei cattivi comprende sei club di serie A. Malati cronici come Roma e Lazio, il Parma travolto dal Tanzi crack e, a sorpresa, altre squadre come Brescia e Siena. I parametri di bilancio bocciano anche il Messina, che ha appena conquistato una storica promozione nel massimo campionato. In serie B, oltre alle retrocesse Ancona e Modena, anche società di grande tradizione come Napoli (sull'orlo dei tracollo finanziario), Torino e Verona rischiano di perdere la sfida dei conti. Tutti i club citati, in base all'ultimo accertamento di fine maggio, non rispettavano i parametri di bilancio fissati dalle nome federali. Numeri e dati disegnano i contorni dei crack di un sistema che per ami ha vissuto molto al di sopra dei propri mezzi. E adesso, nonostante una legge spalma perdite e molte altre agevolazioni mirate, ecco il risultato. A conti fatti, secondo le carte federali che "L'espresso" ha potuto consultare, su 132 società professionistiche ce ne sono almeno 50 che non riescono a far quadrare i conti quel tanto che basta per presentarsi al via della prossima stagione, buio pesto in serie C. In base ai dati presentati a maggio, almeno un terzo delle squadre ha bisogno urgente di capitali freschi per adeguarsi alle norme federali. Tra queste anche il Catanzaro, appena promosso in B, così come Lumezzane e Crotone, autorevoli candidate al salto di categoria. Nella provincia profonda, dove a fatica sbarcano il lunario decine di piccole squadre, l'applicazione rigida delle norme federali potrebbe mettere fuori gioco moltissimi club. Almeno una ventina, secondo le stime più pessimistiche. Non è un caso che in serie C quasi tutti i club retrocessi (quando non rischiano essi stessi il fallimento) sperano nel ripescaggio alla serie superiore grazie all'eliminazione di qualche rivale prima dell'inizio dei campionato.
Le regole parlano chiaro. I parametri da rispettare riguardano i mezzi propri della squadra, che devono risultare pari almeno all'8 per cento dell'attivo patrimoniale e al 25 per cento del valore attribuito in bilancio al parco giocatori. Esiste poi m altro rapporto chiave, quello tra ricavi e indebitamento. I primi devono superare almeno di tre volte il secondo. Altrimenti le squadre potrebbero vedersi negare dalla Federazione il permesso di comprare giocatori nel corso dei calcio mercato estivo, a meno di farfronte agli impegni con aumenti di capitale deliberati ad hoc oppure con la vendita di altri giocatori.
Questa volta chi sgarra resta al palo, dichiara da mesi il presidente della Federcalcio, Franco Carraro. Si vedrà. Intanto, da qui alla fatidica scadenza dei 12 luglio, le squadre a rischio giocheranno i tutto per tutto nel tentativo di superare l'esarne di riparazione. Servono soldi freschi, in teoria. In pratica, invece, l'estate scorsa si scoprì che squadre come Roma e Napoli avevano presentato fideiussioni taroccate per garantirsi l'iscrizione al campionato. Quest'anno, per evitare figuracce e inchieste penali, la Federcalcio intende accettare solo fideiussioni rilasciate da banche e assicurazioni. Resta un'incognita, però: quale istituto di credito sarà mai disposto a prendersi il rischio di garantire una squadra con le casse allo stremo?
C'è poi il capitolo più scottante, quello dei debiti. Dopo tante dichiarazioni d'intenti all'insegna dei rigore e della severità, la Federcalcio di Carraro ha escogitato una scappatoia per le squadre in difficoltà. Arretrati con il fisco? Niente paura, l'iscrizione al campionato è garantita per i club che dimostrino di aver raggiunto un accordo con l'Erario per pagare a rate oppure abbiano avviato un contenzioso con il ministero delle Finanze. Una regola, introdotta nei mesi scorsi, che sembra scritta apposta per Lazio e Roma, le due società più inadempienti sul fronte fiscale. Anche i debiti per gli stipendi arretrati dei calciatori vanno pagati, ma senza fretta. Sono possibili dilazioni, ha stabilito la Federazione. Basta dimostrare di aver versato gli stipendi fino a gennaio 2004. Per le mensilità successive è sufficiente garantire con una fideiussione bancaria o assicurativa. Insomma, porte aperte ai ritardatari. I presidenti che per anni si sono scordati di versare l'Irpef, i contributi all'Enpals oppure le retribuzioni dei calciatori potranno mettersi in regola con tutta calma.
Non è solo questione di tasse, ovviamente. In vista della scadenza di luglio è già cominciato il tiramolla tra i vertici federali e la Covisoc, delegata alla vigilanza sui bilanci delle squadre. L'ente di controllo (cinque commissari in carica dalla fine dei 2003) preme per un'interpretazione rigorosa delle norme, ma l'ultima parola spetterà comunque al consiglio federale presieduto da Carraro. Un esempio concreto. Malgrado siano molto numerose le squadre che non rispettano il rapporto tra ricavi e indebitamento, finora non c'è notizia di alcun club escluso dal calcio mercato. Eppure la norma parla chiaro: chi non risulta in regola non può comprare calciatori. Forse, anche in questo caso è prevalsa la linea morbida e alle squadre è stato concesso più tempo per mettersi in regola.
In effetti, chi può permetterselo corre ai ripari. E' il caso dell'Inter, che in base alle carte federali non rispetta il parametro tra ricavi e indebitamento. li 15 giugno il club milanese ha varato un aumento di capitale. Il presidente Massimo Moratti è stato chiamato per l'ennesima volta a far fronte ai gravi squilibri dei conti nerazzurri.
Anche il Bologna di Giuseppe Gazzoni Frascara si è messo in regola solo poche settimane fa. E così il presidente in prima linea nella battaglia contro il cosiddetto doping amministrativo è riuscito a evitare una possibile esclusione dal campionato.
Ormai invece non c'è proprio più tempo da perdere per le grandi malate della serie A. In mancanza di compratori degni di questo nome, il presidente della Roma Franco Sensi ha fatto l'unica scelta possibile. Si è messo nelle mani di Capitalia, che comprerà metà dei gruppo del patron giallorosso a fronte degli ingenti crediti concessi negli anni scorsi. I soldi freschi per tappare le falle nel bilancio della "rnagica" arriveranno invece dalla cessione di una parte importante dei patrimonio della famiglia Sensi. Si spera che basti a evitare il fallimento. Con le casse semivuote, invece, sarà più difficile costruire una squadra davvero competitiva. Gli eterni rivali laziali potrebbero gioire delle difficoltà romaniste, se non fosse che il club reduce dal crack Cragnotti si trova in una situazione ancora peggiore. L'aumento di capitale lanciato a fine maggio serviva a racimolare 180 milioni di curo. L'appello ai tifosi però ha finora fruttato soltanto 18 milioni. Ancora pochi per sperare nel salvataggio. In Borsa, quindi, si andrà ai tempi supplementari con la vendita dei diritti di sottoscrizione rimasti inoptati, cioè il 90 per cento del totale dell'offerta. A pochi giorni dalle scadenze di luglio, solo l'inter-vento di una cordata di generosi finanziatori, magari alla ricerca di benemerenze nei palazzi della politica, può riuscire a evitare il peggio, cioè il fallimento.
Se davvero andrà a finire cosi, la Lazio non sarebbe la prima vittima della stagione più dura, finanziariamente parlando, dei calcio italiano. Il Parma, dichiarato insolvente in aprile, è già fallito. Quindi, norme alla mano, non potrebbe partecipare al prossimo torneo di serie A. L'ufficio giuridico della Federcalcio non è di questo parere e cosi, grazie a un cavillo, il Parma dovrebbe riuscire a iscriversi al campionato. La squadra emiliana si trova in amministrazione straordinaria, come il resto dei gruppo Par. malat. Niente paura: Enrico Bondi, il commissario nominato dal governo, ha deciso di creare un Parma 2 a cui conferire l'attivo della squadra, debiti esclusi. Il club del centravanti Alberto Gilardino avrebbe cesì le carte in regola per l'iscrizione. In attesa di un compratore. Nel frattempo sarà l'amministrazione straordinaria della Parmalat a far fronte alle spese di gestione della squadra.
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