Un Nobel preso a calci Giusto due anni fa, prendendo un po' tutto il mondo in contropiede, il parlamentare svedese Lars Gustafsson inviò una bella lettera al Comitato norvegese per il Nobel proponendo la candidatura del calcio per l'edizione 2001 del premio per la pace. Sosteneva, il giurista nordico, che nell'arena globale il pallone ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel creare comprensione e amicizia tra i popoli. E a sostegno della sua tesi citò una sfilza di partite storiche: da quella tra Alleati e tedeschi durante una breve tregua della seconda guerra mondiale a quella più recente (Mondiali di Francia `98) tra Iran e Stati uniti. «Il calcio - scrisse allora Gustafsson - è andato crescendo in popolarità in tutto il mondo, dopo esser sopravvissuto a guerre mondiali e infiniti conflitti locali». Propose di destinare il premio alla Fifa, il governo mondiale del pallone. L'iniziativa fece discutere (Dario Fo la definì «grottesca», nel senso peggiore) e alla fine tra un tecnico nucleare israeliano pentito, un ex killer condannato a morte e un esercito di pedatori, la spuntarono Kofi Annan e l'Onu per «il lavoro svolto per un mondo più pacifico e organizzato». Due anni dopo, ci risiamo. Tra i 165 candidati al Nobel per la pace che verrà assegnato venerdì prossimo a Oslo, c'è anche una palla che rotola. E' quella del Mathare United Football Club, una piccola squadra nata nove anni fa in Kenya grazie all'impegno di un'associazione giovanile (la Mathare Youth Sports Association, Mysa) che condivide con i suoi calciatori la prestigiosa candidatura. La proposta al Comitato norvegese è arrivata questa volta da un ex parlamentare locale, la 65enne Lise Gjorn, che dal Palazzo del governo di Oslo ha detto di voler onorare con il Nobel per la pace la gioventù africana che resiste al caos del continente nero. Gjorn, un ex maestra di scuola divenuta poi speaker della Camera negli anni `80 e oggi governatrice della regione di Nord-Trondelag, ha ammesso di non sapere granché di pallone ma, quanto a premi per la pace, di avere almeno un po' di esperienza: nel 1992 fu lei a proporre la candidatura di Rigoberta Menchù al Nobel, poi assegnato all'india guatemalteca. Ora ci riprova con una sconosciuta compagine di Mathare, un ghetto di 600mila anime a nord di Nairobi, che in nove anni è passata dal campionato provinciale ai professionisti della Premier League kenyota, conquistando due coppe nazionali (nel `98 e nel 2000) e mandando in nazionale diversi giocatori cresciuti in casa. Apparentemente in Europa nessuno li conosce. In realtà il Manchester United, il club inglese che da sempre vive sulle scoperte del proprio settore giovanile, ha cominciato a seguire da vicino le vicende dei giovani pedatori di Mathare. Gli egiziani dell'Ismailia hanno fatto di meglio (o di peggio), portandosi via l'anno scorso, grazie ai buoni uffici di un dirigente federale, tre dei migliori giocatori del Mathare United senza versare un centesimo alla Mysa, che è aiutata da grandi sponsor locali ma soprattutto da una fondazione norvegese che ogni anno versa per il progetto 6,7 milioni di dollari. |