"Lotta al doping senza frontiere e senza sconti"

Si è spento Nello Saltutti, 56 anni, ex calciatore, da tempo ritiratosi dal calcio e sofferente di cuore. Aveva giocato in serie A negli anni '70 indossando le maglie di Milan, Fiorentina Sampdoria, ma anche quelle di Pistoiese, Rimini e Foggia. Aveva vestito anche i panni di allenatore nella sua città natale. Era attivamente impegnato nel sociale proprio con la locale associazione di cardiopatici che salì alla ribalta della cronaca quando il ferroviere gualdese Saverio Pallucca, trapiantato di cuore, partecipò alla Maratona di New York. "Non mi toglie dalla testa nessuno che certe pratiche nel calcio mi hanno portato ad avere problemi di cuore. Per questo combatto il doping e dico che va combattuto in una lotta senza frontiere e senza sconti", andava ripetendo da anni, in prima fila nel dire tenacemente no al doping nello sport e nel calcio che amava e che per tanti anni l'ha visto protagonista. Saltutti lascia la moglie Rosalba e i figli Laura, Alessio e Stefano. La sua morte ha destato profondo cordoglio nel piccolo centro umbro. 
Saltutti dopo essersi ritirato dal calcio aveva gestito con la moglie fino a qualche anno fa un negozio di abbigliamento per bambini. E con i bambini aveva portato avanti nel Gualdo l'attività del settore giovanile finché le condizioni di salute glielo hanno consentito. 
Era stato uno dei pochi a parlare apertamente di quelle pratiche che hanno indotto il pm di Torino Guariniello ad aprire una vasta indagine, presto sconfinata nella ricerca epidemiologica, che ha portato a conclusioni e cifre agghiaccianti. Negli anni sessanta e settanta su 24.000 soggetti i morti sono stati circa 400 e i decessi sospetti almeno 70 (71 con quello del povero Saltutti). Morti in via di ipotesi collegate all'assunzione di farmaci durante la carriera sportiva. Di questo Nello Saltutti, il popolare "bomber" di Gualdo Tadino era perfettamente consapevole e convinto. "Quando ero ancora nella Primavera mi davano di tutto - racconta lo stesso Saltutti in un libro dal titolo esplicito: "Palla avvelenata", (di Calzia e Castellani, edito da Bradipo Libri), che raccoglie le testimonianze più sconcertanti (mogli, partenti, amici, gli stessi calciatori) di tante morti "sospette" e gravi malattie nel mondo dorato del pallone - l'infermeria del Milan era una cosa impressionante e non so se sarà un caso, ma io da un metro e sessanta in un anno ero passato a 175 centimetri...Strano, no? All'epoca, però, non ho mai riflettuto su quella strana crescita". Liedholm lo aveva voluto alla Fiorentina. L'attaccante racconta delle stranezze del tecnico, come quella di portarlo a fargli togliere il malocchio da una "fattucchiera". E parla di strane abitudini prima e durante le partite, come quando, in una amichevole con il Manchester United prima di entrare in campo: "Passò un thermos. Dovevamo bere, ci dissero, perché era un caffè e ci avrebbe fatto bene. Io non lo prendevo mai il caffè e non vedevo la ragione di cominciare proprio quella sera". Ma si piegò. Veloce e imprendibile segnò il gol dell'1-1 affascinando perfino la stampa britannica che parlò di lui come del "Levriero italiano". " Quel caffè ci fece bene in campo. Correvamo tutti il doppio, ma il mattino dopo all'aeroporto, ricordo che avevamo tutti certe facce...Eravamo distrutti". Da allora Saltutti ha riferito che: "Quel caffè si trovava tranquillamente sulla tavola imbandita in bella vista con i flaconi delle pillole, le boccette delle gocce, le flebo modello damigiane e punture a volontà". I giocatori vi si sottoponevano per quieto vivere, come alle altre pratiche: infiltrazioni di Voltaren potenziato, le pillole di Micoren. "Il Micoren lo hanno tolto dal mercato nell'85, perchè risultato nocivo, ma intanto noi ne avevamo fatto scorpacciate per vent'anni senza che nessun medico ci dicesse niente e con nessun tipo di problema per le analisi del dopopartita. I controlli antidoping, poi. Erano una barzelletta: sorteggi già preparati, con le urine in piccoli contenitori allungate con tanta acqua". La tesi di Saltutti si sposa con le rivelazioni recenti dell'ex presidente del Napoli Ferlaino: e cioè i test antidoping truffa che era facilissimo eludere. E con le dichiarazioni si Sebino Nela, ex difensore di Roma a Genoa che a "Report" (RaiTre) ha parlato del suo rifiuto a sottoporsi ad un flebo durante un ritiro della nazionale azzurra (segno che certe pratiche erano comuni anche in quell'ambito) e dei test burletta nei quali era facile che un compagno o un massaggiatore "pluito" facessero pipì al posto del giocatore sorteggiato. 
"Ho sempre fatto la vita di atleta - racconta Saltutti nel libro di Calzia e Castellani - allenamento e alimentazione controllata: l'infarto, quattro anni fa fu un fulmine a ciel sereno. E adesso sono convinto che gran parte della responsabilità del mio cuore sfasciato sia dipesa da quelle porcherie che ci hanno somministrato in tutti quegli anni. Oggi? Oggi la situazione è peggiorata. Occorrerebbe controllare quello che circola nelle infermerie delle società perchè è lì che parte tutto il marcio. I calciatori sono quasi sempre delle vittime, l'ultimo anello di una catena che parte dai dirigenti e qualche volta anche dagli allenatori, che concordano il da farsi con lo staff medico. Ho fiducia in quello che sta facendo Guariniello, ma temo anche che gli interessi in gioco, altissimi, possano far insabbiare la verità". Saltutti era stato compagno di squadra di Bruno Beatrice, recentemente deceduto per la leucemia e di Giorgio Rognoni, morto per la Sla, la terribile sclerosi laterale amiotrofica, che sembra avere nei calciatori una incidenza enormemente superiore alla media: 36 casi con 13 decessi quando la malattia incide per un caso su 100.000. "Bruno - aveva raccontato Saltutti - era sempre attaccato alla flebo; le faccio, mi diceva per la carriera per far star bene la famiglia domani. Vedete, a volte mi sveglio la notte e non riesco più a dormire e allora penso: a come è finito Bruno; al fatto che non so come andrà a finire la mia vita; se avessi saputo che per tutta quella roba avrei perso degli amici e rischiato di morire potendo tornare indietro, non rifarei affatto tutto. E mi domando se valga ancora la pena che un giovane sacrifichi tutta la sua vita per una cosa del genere". Parole sinistramente premonitrici.

Spunti di riflessione

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