Moggi, il venerato genio del mercato
Di Moggi Luciano si tramanda che fosse un ottimate del suo tempo. Uomo illustre e di grandi opere, protagonista di una biografia esemplare pei contemporanei. Prima d'ogni altra cosa, egli fu "il re del mercato" per designazione unanime; e nessuno mai si sarebbe sognato di contestare quell'etichetta. D'altronde, chi più di lui mostrò nei secoli dei secoli acume e respiro strategico in quel procelloso mare ch'era una campagna-trasferimenti nel calcio italico? E chi esibì il suo talento nel concludere affari storici a prezzi che nessun altro sarebbe stato capace di spuntare?
Come quella volta che comprò un portiere per la modica cifra di cento miliardi di lire, e giù elogi all'infallibile "re del mercato". E poco importa se qualche invidioso rilevasse che chiunque sarebbe capace di pagare qualcosa al suo prezzo di mercato (e che prezzo), avendo i soldi per farlo: perché davvero bisognava esser prevenuti. Fra l'altro, quando ci fu da dimostrare che una squadra potesse essere rafforzata con modico esborso, il "re del mercato" non fallì la prova. Ché ancora alla Juventus se la ricordano quell'estate in cui egli si presentò con Moretti, Fresi, Baiocco e Chimenti, e delle mirabolanti imprese che costoro realizzarono in bianconero.
Era il "re del mercato", davvero. E lo provò sia quando ci fu da condurre manovre d'interdizione (come quando impedì alla Roma di acquistare un difensore brasiliano chiamato Lucio, e quelli ne presero uno più giovane e più forte di nome Chivu), sia quando si ebbe necessità di risolvere spinose questioni contrattuali (come quelle dei riottosi Trezeguet e Davids).
Ma anche altri talenti mostrò di possedere il signor Moggi Luciano. Perché, volente o nolente, si scoprì genio della comunicazione e icona televisiva. Prese a occupare militarmente i teleschermi nel ruolo di "faccia presentabile della Juventus". E per giungere a farlo dovette vincere una battaglia titanica con "competitors" non meno "glamour": gli altri due componenti dello stato maggiore bianconero, Bettega Roberto e Giraudo Antonio.
Gasato dall'aver coronato sì ardua impresa, a ogni pubblica apparizione egli mostrò mirabile humour, impreziosito da quel timbro di voce suadente e rassicurante che chiunque immaginerebbe di udire da un esattore delle tasse o da un agente della polstrada. E tutti, intorno, ridevano; conquistati dall'ironia di quell'uomo che, come disse un cronista del tempo offrendo uno strepitoso saggio di umorismo involontario, "incuteva simpatia".
Soprattutto, ebbe un grande senso della famiglia il signor Moggi Luciano. E che si trattasse di famiglia di sangue, o d'affari, poco importava. Anche perché nessuno, fra i contemporanei, fu mai in grado di distinguere il confine. Ma pure un ottimate come lui dovette affrontare un'insolenza: la presenza di un'ombra occhiuta e implacabile, che sotto le sembianze di un cronista televisivo gli si appiccicò addosso come un botolo, seguendolo ovunque il mestiere di uomo di calcio lo portasse e sfruculiandolo con domande sempre puntute e imbarazzanti. Si chiamava Venerato Ciro, e secondo l'opinione di qualcuno si trattò di un participio declinato nel modo sbagliato. Del resto, a quei tempi, i giornalisti d'assalto assaltavano sul serio. E erano davvero altri tempi, garantiamo.
Moggi alla Rai sembra la Canale Un minuto per rispondere a Pippo
Russo
Alessandra Canale, annunciatrice Rai ”prepensionata”, rischia il licenziamento per avere utilizzato qualche secondo della sua ultima apparizione in video per contestare la decisione dei vertici. Uso privato di servizio pubblico è l’accusa che le viene rivolta e che potrebbe costarle il licenziamento. Giusto o sbagliato che sia. Scommettiamo invece che la stessa colpa, commessa da Luciano Moggi, costerà nulla a lui e ai suoi correi?
Il fatto. Ieri lo zar della Juve e di tutta la Rai si è prodotto a Novantesimo minuto in un’intemerata lunga oltre sessanta secondi contro un certo Pippo. Moggi non ha spiegato con chi ce l’avesse con tanta virulenza. Si è guardato bene da citare il nostro giornale e il suo rubrichista Pippo Russo, colpevole solo di avergli dedicato un medaglione critico che a noi è parso anche di rara eleganza. Poco elegantemente Moggi lo ha riempito di improperi con nessuna partecipazione dei telespettatori che, ignari di tutto, hanno pensato probabilmente a un delirio o a un avvertimento contro chissà chi.
I correi. Moggi aveva naturalmente al fianco qualcuno. Chiamarlo intervistatore ci pare troppo. Infatti Carlo Paris (di lui si trattava) si è limitato a reggergli il microfono. Poteva interromperlo, riprendersi il microfono e se ne è ben guardato. O almeno alla fine dell’intemerata precisare, puntualizzare, al limite scusarsi. Niente di tutto ciò. Paris, bravo soldatino bianconero, finito il compito di far parlare Moggi ha passato la linea allo studio. Quest’anno Novantesimo minuto è condotto da una signora che pare più attenta a controllare se la sua linea non risulta appesantita davanti alle telecamere piuttosto che a governare la trasmissione. E Infatti Paola Ferrari non ha fatto una piega, se non ravviato quella dei folti capelli. L’accaduto non le è parso degno di nota e, soldatina chissà se bianconera, ha passato anche lei la linea.
Le proteste. Giorgio Tosatti è a Novantesimo (purtroppo) solo ospite. Non ha potuto dire davanti alle telecamere nulla, ma chi lo conosce ci assicura che a video spento si è fatto sentire eccome, con la compagnia che gli tocca frequentare domenicalmente e che rischia di inquinare la sua riconosciuta correttezza. Anche il direttore di Rai sport Paolo Francia avrebbe chiesto a Paris qualche chiarimento in materia.
Il matrimonio. Avanziamo noi un’ipotesi per evitare rogne ai valenti Ferrari e Paris. Forse i due, notoriamente di buon cuore, volevano evitare guai al collega Ciro Venerato, quell’ultras juventino travestito da giornalista Rai di cui altre volte ci siano occupati segnalandone la faziosità. Venerato si sposa (auguri e figli maschi magari non bianconeri) e punta ad avere Moggi testimone di nozze. Meglio quindi non rischiare di fare arrabbiare il ras juventino e rovinare la festa al venerante Ciro.
Caso-Moggi in Tv, Paris si scusa
«Avete ragione. Dovevo fare qualcosa. Togliere la cuffia-microfono a Moggi era impossibile, ma alla fine della sua polemica col vostro giornale dovevo prendere le distanze. Non l’ho fatto e me ne scuso». Saper riconoscere un errore è segno di valore umano. Carlo Paris lo ha dimostrato, con una telefonata ieri alla redazione del ”Messaggero”, riconoscendo che sarebbe stato opportuno fermare durante o stigmatizzare dopo l’intemerata del direttore generale della Juventus contro il nostro rubrichista Pippo Russo, autore di un ironico ”medaglione” dedicato allo stesso Moggi. Le scuse di Paris sono accettate e ci conforta la certezza di aver trovato un giornalista Rai che cercherà di evitare in futuro una situazione che ha fatto ieri sera dire a un nostro lettore: «E’ tornata la tv anni ’50, tutta in bianco e nero. I colori della Juve».
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