Ora facciamo mea culpa
Hanno spuntato dalle società contratti miliardari. Forse troppo. Ma anche per i procuratori l´aria è cambiata. Confessioni di Claudio Pasqualin, il mago dell´ingaggio
Cosa penso del mondo del calcio? Una gabbia di matti... Sintesi di cui ci si può fidare. L´avvocato Claudio Pasqualin, 58 anni, veneto, ex presidente dell´associazione procuratori, sa di che manicomio si tratta. Lo frequenta da una vita. Dalla parte dei calciatori. Trent´anni e due contratti ´scandalosi´ che, in epoca diversa, sconvolsero l´ambiente del pallone. Il primo nel ´92, Gigi Lentini dal Torino al Milan, un quadriennale da 4 miliardi l´anno, sfrutta con esemplare cinismo la lizza tra Berlusconi e Agnelli, due facoltosi spasimanti del giocatore. Il secondo, sette anni dopo (nel frattempo la sentenza Bosman aveva liberalizzato e stravolto le regole del mercato). Il suo capolavoro. Il contratto di Del Piero segna il punto di non ritorno nel rapporto tra società e giocatori, complice l´insorgente ebbrezza da diritti televisivi. Da lì in poi, il sistema va dritto alla rovina. Il contratto Del Piero diventa paradigma, attiva appetiti straordinari. Giocatori strapagati. Ingaggi fuori dal mondo. Reazione a catena. Non si sa se fanno più impressione gli 11 miliardi di vecchie lire a Recoba (che ora, in un soprassalto di pudore, si è autoridotto a 3,5 milioni di euro) o i 4 a Pancaro.
"Il contratto del secolo, anzi del millennio. 30 giugno 1999", scandisce compiaciuto Pasqualin. "Un quinquennale di 10 miliardi annui netti per il giocatore, che significò per la società un costo complessivo di 100 miliardi. Festeggiammo la sera a casa Del Piero, a San Vendemmiano, con soppressa, formaggio e spumante". Per una volta l´algido Alex si lasciò andare. Fu un´impresa per Pasqualin sottrarsi all´abbraccio riconoscente del giocatore. "Come si fa a incartare due volpi come Moggi e Giraudo? Riuscii a portare il contratto alla vigilia della scadenza. Avevamo le carte a nostro favore, Barcellona e Manchester volevano Del Piero. I dirigenti della Juventus in quel caso non furono molto lungimiranti".
La tesi che siano i procuratori la rovina del calcio è molto diffusa nell´ambiente. Lo dice Luciano Gaucci, lo pensano in tanti. "Dobbiamo fare tutti una sana autocritica. Siamo stati in passato dei killer al servizio dei giocatori. Obiettivo, spennare i presidenti, vuotare le tasche". La frase canonica dello spennatore all´epoca era (meglio se connotata da una lieve indignazione): "Ma mica ci presentavamo alla trattativa con la pistola puntata sotto il tavolo". La pistola puntata c´era, eccome. Si chiamava Bosman. Il terrore di un cartellino che diventa un pugno di mosche. "Quella frase furbastra, ammetto, l´ho pronunciata anch´io tante volte, ma oggi non la direi più. È cambiato il nostro ruolo. Con questi chiari di luna dobbiamo favorire la maturità del giocatore, fargli capire che deve puntare alla pagnotta sicura piuttosto che al caviale incerto. Vedi il caso della Lazio. Era tecnicamente fallita. Si è salvata grazie anche al senso di responsabilità dei giocatori, che prima hanno giocato bene, ottenuto risultati e poi hanno accettato spalmatura degli ingaggi e azioni come parte del compenso".
Regole più volte stravolte nel giro di un decennio. Un mondo che cambia a velocità folle e dirigenti incapaci di starci dietro. Nel frattempo, all´ottavo anno, dispersi e cadaveri che non si contano, l´ubriacatura da effetto Bosman è svanita. Diminuisce il potere di procuratori e calciatori, a eccezione di quei pochi di prima fascia che ancora tengono sotto scacco i loro club. "L´esplosione della sentenza Bosman era tutta a vantaggio dei giocatori che avevano un formidabile strumento di ricatto. Ora segue l´implosione. Le società si stanno riprendendo il potere perduto. Sono crollati i prezzi dei cartellini e i presidenti dei club se ne infischiano se si va a scadenza di contratto. Anzi. La parola chiave oggi è ´sbolognare´. Perso uno a parametro zero, ne trovi quanti ne vuoi a costo zero sul mercato. Si spiega così in casa Juve l´imperturbabilità rispetto al caso Davids (il giocatore che vorrebbe andare via perché non è più titolare, ndr.)".
La faccenda degli ingaggi onerosi si complica in estenuanti surplace stile braccio di ferro. Le società tendono a sbolognare i giocatori, i giocatori non si fanno sbolognare. Miracolati dell´età dell´oro preferiscono riscaldare panchine e affollare tribune. "Io dico che non si può restare in paradiso a dispetto dei santi. Nei trasferimenti di oggi le logiche economiche prevalgono su quelle tecniche. Basti pensare all´inganno delle plusvalenze. Se costi troppo sei un giocatore a rischio. Gli organici sono pletorici e le società vogliono ridimensionare. I contratti di una volta te li scordi. Non c´è più una lira. Rubinetti chiusi. Bene ti va se ti fanno un biennale. Prevedo, nel giro di un anno, un aumento impressionante dei disoccupati, tra i quali nomi anche eccellenti. Con la scelta che si ritrovano, i dirigenti dei club andranno a farti le pulci anche nella vita privata, sotto le lenzuola dei giocatori. Un´altra cosa. Le società non sanno più che farsene dei diritti d´immagine per cui prima si battevano a morte. A parte quei rari casi noti, il calciatore non ha un grande appeal pubblicitario".
Un sistema allo sfascio in piena sindrome Brancaleone. Regole da riscrivere ma non si capisce chi le debba scrivere, campionati nel caos, tribunali che giudicano, carabinieri che indagano. E un sottobosco sempre più decifrabile di misteriosi personaggi, truffatori e truffati, ma non si sa chi siano gli uni e chi gli altri, amicizie pericolose, mediatori, fideiussori, e ora anche i ´telefonisti´. Adescatori per conto delle società. Massimo Brambati, ex difensore del Torino, è il telefonista della Gea, la società di Moggino, come è chiamato nell´ambiente il figlio di Moggi. Funziona così. Un giocatore si fa due, tre panchine di seguito. Arriva puntuale la chiamata del telefonista. Tono confidenziale: "Sei infelice? Il tuo procuratore non ti aiuta? Vieni da noi, niente più panchina. Garantito".
Claudio Pasqualin ha deciso di multarsi. 50 euro ogni volta che nomina la Gea pubblicamente. Ma è più forte di lui. "Sono saltate le regole e la Federazione, anche qui, sta a guardare. L´abbiamo posto più volte il problema dei conflitti d´interessi e dei vincoli di parentela. Niente, Carraro tace, ci tratta con degnazione. Io me la racconto così. L´etimo di Gea è Terra, madre terra, figlia del Caos. Il caos è la federazione. Il calcio è sempre stato assediato da personaggi discutibili, avventurieri, millantatori, che trovano facili sponde in un mondo dallo spessore culturale vicino allo zero. A proposito di misteri, io andrei per esempio a esplorare anche cosa si nasconde dietro il fenomeno delle polizze assicurative. I premi concordati con i club nel caso di vittorie importanti o retrocessioni". Un´altra pentola da scoperchiare?
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