Mille bandiere per una curva

A Montecchio la settima edizione dei Mondiali antirazzisti organizzati da «Progetto Ultrà». Un'occasione per difendere la cultura popolare del tifo e contrastare l'industrializzazione del calcio. Ma anche per discutere della militanza in curva e della divisione nel movimento ultras

Districarsi ogni domenica tra curve, coreografie e trasferte a rischio è già abbastanza complicato. Ma quattro giorni fianco a fianco con i supporter di squadre dai nomi impronunciabili, o che non vorresti mai come vicini allo stadio, è tutto un altro paio di maniche. Specie se si tratta di giocare fino a cinque partite di calcetto ogni 24 ore. Eppure da sette anni a Montecchio aumentano i gruppi di ultras che partecipano ai Mondiali antirazzisti organizzati da Progetto ultrà, l'osservatorio bolognese sulle curve. L'edizione che si chiude oggi conta 168 squadre provenienti da circa 40 nazioni, divise in 28 gironi, squadre di tifosi italiani e stranieri e di migranti, per un totale di quasi 5.000 persone alle quali se ne aggiungono altre la sera per manifestazioni e concerti. Arrivano per trovarsi dall'altra parte della rete di protezione e portare in campo idee maturate in anni e anni di gradinata, ma pure per confrontarsi, anche se mai in un vero e proprio dibattito, sui problemi annessi e connessi alla spettacolarizzazione del calcio e alla repressione negli stadi. «E' un modo diretto per creare consapevolezza, difendere la cultura popolare del tifo e provare a contrastare l'industrializzazione del calcio», dice Carlo Balestri di Progetto Ultrà.

La caratterizzazione «antirazzista» ha portato a Montecchio le tifoserie più diverse, da quelle per cui la parola «stadio» fa rima con «azione politica» a quelle che si preoccupano esclusivamente di quello che succede in campo. Dall'Italia - escluse per definizione le curve fascistoidi - e dall'estero. Dalla Germania arrivano i leggendari ultrà del San Pauli di Amburgo, che più di tutti in Europa sono hanno coniugato militanza politica e tifo da stadio. Tutto è iniziato durante gli anni 80 quando un gruppo ad Amburgo ha occupato un palazzo del quartiere San Pauli, rivendicando il diritto alla casa. «Erano le stesse persone che la domenica andavano allo stadio e per loro è stato normale cercare di portare la politica anche lì», spiega Thomas 27 anni uno dei ben duecento tifosi amburghesi arrivati a Montecchio. Da allora il gruppo ultrà San Pauli è stato attivissimo nelle mobilitazioni contro il fascismo e il nazismo, per la casa, contro la globalizzazione sia allo stadio che nel quartiere più multiculturale di Amburgo. All'inizio degli anni 90, con la promozione in serie A è arrivato anche il riconoscimento da parte della società sportiva San Pauli che ha inserito nel proprio statuto un articolo in cui si professa esplicitamente «Antifascista, antirazzista e antisessista». Peccato che il nuovo proprietario, che ha ricapitalizzato la società dopo il tracollo finanziario e la caduta in C1, non voglia sentire parlare degli ultrà e dei 20.000 tifosi che ogni settimana affollano lo stadio, e abbia accettato i finanziamenti di Esso e Mc Donalds.

Altro gruppo di frontiera sono i tifosi del Barrio Valdecano di Madrid. Circondati da due club ricchi potenti e tendenzialmente di destra come l'Atletico e il Real gli abitanti del quartiere Vaieca si sono riuniti attorno alla piccola squadra di zona. «Per noi la vita è metà calcio e metà politica - dice Raul del gruppo Ultras Bucaneros - e in entrambi i casi si tratta soprattutto di scontro diretto con i fascisti e di partecipazione alle azioni della Brigata antifascista e del Coordinador Antifascista». A una delle poche squadre spagnole che si caratterizzano per un tifo politicizzato il gruppo Ska-P ha scritto persino l'inno.

Ma sui campi di Montecchio si fronteggiano anche gruppi che di politica si interessano poco o nulla, come i «Devils» di Bordeaux (Francia), per i quali la pregiudiziale antifascista «è una scelta civile», stando alle parole di Marc, e in curva può bastare. E infine ci sono le formazioni migranti sia italiane che straniere. Da Sheffield, Gran Bretagna, quest'anno ne sono arrivate addirittura quattro. «Io giocavo già in Burundi, per altro in un girone di serie B, poi per problemi politici sono dovuto fuggire e in Gran Bretagna è stato naturale riprendere a giocare» dice Desbon, 23 anni, che punta a diventare professionista per portare in Inghilterra tutta la famiglia.

Per i gruppi italiani che sono arrivati a Montecchio, invece, il tema della politicizzazione delle azione delle curve è sempre al centro del dibattito. Non ci sono quelli di destra, nemici giurati di Progetto ultrà, né i gruppi bolognesi, torinisti e milanisti più apertamente spoliticizzati. Tutti gli altri si sono ritrovati a discutere del documento di Resistenza Ultrà, il coordinamento delle tifoserie più schierate a sinistra (Freak Brothers -Working Class Ternana, Collettivo Curva Nord di Ancona, Brigate autonome livornesi e Working class Savona), pubblicato ieri sul manifesto al termine del Raduno di Vigne di Narni (Terni). «I discorsi che fanno non li capiamo e secondo noi rischiano di essere controproducenti. Nessuno deve rinunciare alla propria identità, che per noi è prima di tutto sentirsi cosentini. Io non credo che fare politica in curva voglia dire portarsi la falce e martello. E lo dico sia da compagno che da ultras» si scalda Luca (Cosenza supporter). In teoria un gruppo «non esplicitamente politico» ma in pratica il pentolone da cu sono nati il centro sociale Gramna, le mobilitazioni contro leguerre in Kosovo e in Iraq, e nel 1998 il giro di campo dei kurdi sbarcati a Soverato e a Badolato con lo striscione «Per una terra senza bandiere una curva con mille bandiere».

Anche gli «Ultras Unione Venezia Mestre» sono poco convinti. Per Franz «il mondo degli ultras è già abbastanza complicato. Bisogna costruire progetti costruiti sulla inclusione e non sulla esclusione, solo cosi si arriva alla costruzione di una coscienza politica». Dal 2002 i veneziani lavorano a raccogliere finanziamenti per costruire in Chiapas lo «Stadio del Bae», con l'adesione di altri gruppi ultrà da tutta Italia.

Spunti di riflessione

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