Il teppismo nel calcio le nostre responsabilità

A Cagliari, l’aggressione isolata «in diretta» al portiere del Messina, Manitta. A Napoli, l’agguato notturno al difensore partenopeo Baldini. A Torino, l’occupazione dello stadio e il sequestro della squadra granata. Venti di guerra. Gli ultrà vandali vanno sempre più in tv e sempre meno in galera. Gli Irriducibili laziali hanno conquistato l’onore del «Maurizio Costanzo show». Dai pulpiti tele-calcistici si continua a diffondere un’informazione drogata, che contribuisce a confondere le carte: e i protagonisti. Una volta, si facevano trasmissioni «per» i tifosi: oggi si fanno trasmissioni «di» tifosi.


Polizia, società: tutti sanno tutto di tutti, ai nuovi hooligans (nuovi?) non sembra vero di poter allargare il raggio di azione e alzare la soglia di rappresentanza. Quelli del Toro sono stati addirittura ricevuti in sede, mancavano solo i pasticcini e un goccio di champagne. Le connivenze sopravvivono ai giri di vite che, con frequenza annuale, il Sistema finge di proporre. C’era una legge niente male, il Parlamento l’ha annacquata e così la violenza, messa alle corde, è tornata a prosperare sui nostri eccessi e sulla nostra incultura/inciviltà.


Si leggono e si sentono parole pesanti come spranghe. I presidenti si dichiarono ostaggi delle frange più estreme, salvo giocarci su, perché il fattore campo non ne esca svilito: il fine, purtroppo, continua a giustificare troppi mezzi. Sono pochi gli esempi che sappiamo, possiamo e vogliamo offrire per invertire la rotta. Basta, a volte, un fallo laterale per accendere la rissa: è successo anche domenica sera, agli sgoccioli di Roma-Juventus. Il vandalo si guarda attorno e non ha che l’imbarazzo della scelta: i poteri del Nord, i fischi degli arbitri, il colore della pelle, il campanile, le scommesse, tutto fa brodo.


Stampa, radio private e televisioni stanno perdendo un’occasione unica. Non si pretende che educhino (anche se, in qualche caso...). Ci si accontenterebbe che riuscissero a dominare e spiegare le situazioni, senza subirle o, peggio, piegarle alle esigenze della tiratura o dell’audience. Sarebbe già un concreto passo avanti. C’è poi la delinquenza bestiale, questa sì da reprimere per legge. Gli strumenti, nonostante tutto, ci sono: è la volontà che latita. Lo stadio sta tornando campo di battaglia. Il modello inglese rimane un miraggio: certi ultrà mi fanno venire una nostalgia canaglia della Thatcher, la Dama di ferro che ripulì gli stadi di sua maestà dopo la tragedia dell’Heysel.


Pugno duro. E, possibilmente, titoli meno urlati, dichiarazioni meno incendiarie. La libertà di espressione, se usata come la usiamo noi, moltiplica le tentazioni, crea mostri, sparge benzina. I casi isolati sono sempre più casi e sempre meno isolati. Persino i «veri» tifosi cominciano ad averne le tasche piene. Il teppismo vigliacco di Cagliari e Napoli costituisce l’ennesimo campanello d’allarme, guai a liquidarlo come un duplice sfregio che, del problema, deturpa la periferia e non il centro. Tutto si tiene, nel mondo del calcio, Roma-Juve è ormai una partita ingestibile: o gestibile, comunque, al prezzo di un panorama bellico. L’accoltellato non fa più notizia: anzi, se è uno solo e non grave, spinge a una lettura quasi gioiosa dell’evento (di tutti gli eventi).


Il tifoso faccia il tifoso, idem il dirigente e il giornalista. Sono le commistioni dei ruoli a rendere irrespirabile l’aria e ad accentuare il marasma.

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