Una bella rete antirazzista Al Social Forum di Firenze un incontro tra le diverse organizzazioni europee che si battono contro la violenza negli stadi. Componente italiana e supporters inglesi d'accordo nel difendere il carattere popolare del tifo. Ma le curve sono sbigottite dalla modernizzazione e dal carattere affaristico del calcio Al Social Forum di Firenze si è parlato anche di ultras, o meglio, hanno parlato anche gli ultras. Football, Culture and Anti-Racism: questo il titolo di un incontro organizzato dalla rete Fare (Football against Racism in Europe) che ha unito prospettive diverse, quella inglese e quella italiana, quella ultras e quella intellettuale, avvicinate però dal desiderio di difendere il carattere popolare del tifo e di emancipare i gruppi ultrà dall' immagine che solitamente li accompagna -violenti, razzisti ed antisociali. Un obiettivo non semplice, questo, e che necessita una battaglia su due fronti: contro gli elementi violenti all'interno della curva ma anche contro la modernizzazione del calcio e la repressione istituzionale. Tanto in Italia quanto in Inghilterra, infatti, i provvedimenti presi per limitare le violenze e il razzismo negli stadi portano verso la distruzione del tifo organizzato. In Italia con la legge 377/2001 dell'ottobre dell'anno passato, in Inghilterra con il Football Disorder Act di Tony Blair del 2000, la tendenza è stata quella di criminalizzare a priori il mondo ultrà, rendendolo, al pari dei presunti terroristi e degli «stati canaglia», una categoria sociale tendenzialmente pericolosa su cui esercitare una repressione preventiva. In parole povere: basta fare parte di un gruppo di tifo organizzato per vedersi restringere le proprie libertà individuali, senza alcuna prova o possibilità di difendersi. E inoltre basta l'infiltrazione di uno sparuto gruppo di violenti perché la repressione si abbatta su tutta la curva, con il beneplacito delle istituzioni, dei media che trasmettono un'immagine unica di ultrà e dell'opinione pubblica. Se ci si pensa un attimo, tutto questo ricorda quello che è successo a Genova. L'incontro di Firenze, a cui hanno preso parte Carlo Balestri, coordinatore del Progetto Ultrà, Francesco Biopicchi, di Afrogrifo, Piara Powar dell'associazione inglese Kick Racism out of football e Mike Marquisee, scrittore inglese e attivista di Stop the War, ha voluto esplicitamente dire che non è questa la direzione da prendere per sconfiggere razzismo e violenza nelle curve. Dopo le ennesime misure repressive e la sempre più invasiva militarizzazione degli stadi (nel 1994 si impiegavano ogni domenica 5.500 uomini nel servizio pubblico allo stadio, oggi 10.500), il risultato è che le violenze si sono spostate all'esterno della curva, e hanno luogo più tra polizia e tifosi che tra bande opposte di ultrà. |