Colpi
di testa da economisti
L'indimenticato Gianni Brera diceva che i destini e le sorti di una partita di
calcio erano influenzati dalla mano, misteriosa e talvolta capricciosa, di Eupalla. La dea ha ammaliato poeti e scrittori di tutti i Paesi, spingendoli a scrivere versi e pagine ispirate. E gli economisti ? Anche taluni di oro, con i propri "strumenti del mestiere", hanno provato negli ultimi tempi a esercitarsi sul tema. Le ragioni ? Almeno due: una - generale - legata alla tendenziale sovrapproduzione di articoli scientifici; l'altra - specifica - connessa alla attuale duplice natura del calcio di sport e di industria.
In primo luogo, va riconosciuto che gli economisti, oramai, scrivono praticamente di tutto. Chiunque utilizzi su Internet i servizi di segnalazione di nuovi articoli prodotti o pubblicati, sa che ogni mattina, sullo schermo del computer, compaiono dai dieci ai venti nuovi titoli. Nei grandi convegni internazionali si arrivano a presentare oltre mille articoli inediti. Un'analisi delle cause di questo fenomeno ci porterebbe lontano; qui ci basta sottolineare che, nella ricerca di nuovi argomenti da esplorare il calcio può andar più che bene; ed ecco, dunque, il libro di Dobson e Goddard sull'Economia del Calcio, ma non solo.
Le caratteristiche odierne del fenomeno calcio ne aumentano la rilevanza economica e sociale, e quindi può più facilmente solleticare l'interesse per i ricercatori. Il calcio è sport popolare per eccellenza, con in più una sensibile dimensione economico - finanziaria, che si riflette in una buona disponibilità di dati. I due aspetti - sportivo ed economico - aiutano a spiegare la produzione di almeno una ventina di studi legati a temi calcistici (consultabili sui siti www.ssm.com e www.economicadirect.com ) più o meno lo stesso numero di lavori sono stati ispirati dal football americano, molti di meno dalla pallacanestro, dal rugby e dal tennis.
L'attenzione degli economisti si è finora concentrata - c'è da stupirsene ? - sugli argomenti più dibattuti tra i calciofili di ogni ceto ed età : regole, arbitri, tifosi e calciatori.
Le regole del gioco, innnanzitutto : è stato un bene o un male introdurre la regole dei 3 punti, e quella del golden gol? Chi meglio di due "giochisti" come Brocas e Carillo - intesi non come garruli fanciulli, ma come garruli fanciulli, ma come seri studiosi di strategie e di condotte razionali - possono provare a dare la risposta giusta ? Non basta : in tempi di retrocessioni illustri - leggi Fiorentina - taluno potrebbe chiedersi se le Leghe professionistiche italiane, ed europee in generale, non debbano imitare le Leghe americane, in cui la permanenza di una squadra in una data serie è di norma determinata dalla sua capacità di pagare le tasse. Szymaski e Ross negano decisamente queste possibilità, cercando di dimostrare come i sistemi basati sul meccanismo promozione - retrocessione aumentino in generale gli incentivi verso comportamenti competitivi, che rendono l'esito del campionato più efficiente, e quindi più avvincente.
Ma le regole sono amministrate, come si diceva una volta, dalle giacchette nere. Sugli arbitri, croce e delizia di ogni tifoseria, pende da sempre un quesito esiziale : sono o no "casalinghi" ? Garricano, Palacios Huerta e Prendergast propendano per la risposta affermativa : analizzando le partite del campionato spagnolo, i tre autori hanno scoperto che gli arbitri, esercitando i poteri discrezionali di assegnare dei minuti di recupero, tendono sistematicamente a favorire le squadre di casa; tipico esempio, a loro dire di favoritismo provocato da " pressione sociale" (eufemismo?).
A proposito di pressione sociale: quanto le tifoserie condizionano le scelte delle proprie squadre? In linea di principio, i tifosi possono influenzare i destini del proprio club del cuore esercitando le proprie capacità di spesa. I tifosi possono essere spettatori, consumatori, ma anche azionisti.
I tifosi azionisti sono una tipologia di risparmiatori relativamente recente, e viene spontaneo chiedersi quanto razionale sia la loro scelta di allocare fondi nei destini borsistici dei club calcistici. De Ruyter e Wetzels rilevano in effetti che esiste una forte componente psicologica in tale scelta : taluni tifosi tendono a sentirsi "normalmente" obbligati nei confronti della propria squadra, e quindi, a sostenerla anche attraverso sottoscrizioni del capitale di rischio. L'esistenza di un sentimental bias nell'acquisto delle azioni calcistiche potrebbe essere una buona notizia per i manager di tali società; non siamo altrettanto sicuri che lo sia per il movimento nel suo complesso, giacchè un tale meccanismo può accentuare gli incentivi alla indisiciplina di bilancio, che purtroppo già caratterizza gran parte delle società calcistiche italiane. Uno studio di Amat, Blake e Olivaras che si occupa del cd. " contabilità creativa", partendo dal bilancio del blasonato Barcellona, ci piò solo suggerire la (magra) consolazione che certi problemi non hanno frontiere.
Dunque, il tifoso ha un'anima ? Certo, anche se esistono dei lati oscuri. Le cronache registrano periodicamente episodi in cui le storie di calcio si intrecciano con oscene dimostrazioni di razzismo e xenofobia. Un lavoro di Preston e Szymaski, relativo al campionato inglese, sostiene la tesi che i club possano essere condizionati negativamente dalla frange più becere del proprio tifo : i giocatori di colore sono tanto meno presenti nell'organico delle diverse squadre, tanto più le relative tifoserie mostrano segnali di intolleranza razziale. Inoltre, i giocatori di colore appaiono sistematicamente penalizzati dalla struttura degli ingaggi. Una tale tesi, se confermata in modo robusto, darebbe un'immagine odiosa dell'industria del calcio, già fortemente appannata dalle sempre più frequenti prove di incapacità manageriale, soprattutto nella gestione dei costi legati al fattore umano, i celebrati calciatori.
I calciatori rappresentano per l'analisi economica un esempio di mercato del lavoro affatto particolare; non c'è da meravigliarsi quindi che siano diversi gli studi a esso dedicato, effetti della sentenza Bosman inclusi. Ci piace almeno citare un contributo dedicato al campionato italiano, di Simmons e Lucifera, che, con dati delle serie A e B, testano l'"effetto superstar", nello spiegare la struttura particolarmente elevata dei guadagni dei lavoratori del pallone.
In conclusione : le ricette degli economisti si leggono con piacevole curiosità, perchè ci lasciano la gradevole sensazione che i misteriosi disegni di Eupalla siano lungi dall'essere risolti, vittoria della Coppa del Mondo inclusa. A proposito : secondo uno studio di West, esiste un forte correlazione tra i successi calcistici e la struttura legal - istituzionale di un dato Paese, in omaggio - molto ironico, per non dire sarcastico - a un approccio teorico che oggi va per la maggiore. Il lupo perde il pelo…
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