Congiuntivo fantozziano


Nella settimana che precede il non-inizio del campionato è doveroso recuperare le testimonianze giornalistiche riguardanti il momento più alto del dibattito-scontro sui diritti televisivi: quello coinciso con l'irruzione in scena del direttore generale Rai, Agostino Saccà. Una performance da superbo mattatore che ha immediatamente riscattato la recita fin lì indegnamente condotta da una torma di figuranti. Soprattutto, una dimostrazione di fermezza nel difendere i reali interessi della sua azienda tale da fugare ogni sospetto di giocare a perdere per favorire la concorrenza. Stanno lì a dimostrarlo alcune affermazioni pubblicate su Le Figaro del 21 agosto (intervista che il giorno prima tutti i tg Rai, colti da eccesso di zelo, pubblicizzarono in modo martellante provocando un effetto-strapaese che certo il nostro eroe avrà disapprovato). Prendiamo quel passaggio in cui Saccà dichiarò: «Comunque sia, noi non abbiamo bisogno del calcio per fare audience. La trasmissione numero 1 della domenica sui nostri canali è "Domenica In", un talk-show generalista». Volete che un tipo capace di dire cose del genere non sappia ciò che sta facendo? E che non sia in grado di scegliere la soluzione ottimale per l'azienda? Non meno perentoria la mossa preventivata nel caso di mancato accordo: «Non cederemo al ricatto. Se la Lega si ostina a mantenere il suo prezzo, lasceremo perdere il calcio e lo spiegheremo agli italiani, che comprenderanno molto bene la nostra decisione, ne sono sicuro». E sarebbe uno spettacolo impagabile vedere Saccà a reti unificate, mentre spiega alla nazione i motivi della rinuncia Rai al calcio. Comunque sia, la dichiarazione davvero memorabile è contenuta in un frammento dell'intervista rilasciata a Sergio Rizzo del Corsera (19 agosto).D. «Non prova imbarazzo a dover trattare con Galliani, presidente della Lega e al tempo stesso esponente del gruppo concorrente?»; R. «Assolutamente no. L'ultima volta che ci siamo visti è stata una discussione senza peli sulla lingua». Senza rendersene conto, Saccà ci ha offerto una rivelazione sconvolgente: non soltanto sul cranio Galliani è glabro. I cultori delle gesta compiute dal ragionier Fantozzi Ugo sono stati socializzati nel corso degli anni a una particolare declinazione verbale meglio nota come «congiuntivo fantozziano», scaturita da un indimenticabile duetto col ragionier Filini sul campo da tennis («Fantozzi, batti?»; «Mi dà del tu?»; «No, dico: batti lei?»; «Ah, è il congiuntivo...»). Corrispondente nell'uso del corretto italiano a quella forma di congiuntivo-imperativo utilizzata per esortare, essa produce declinazioni verbali inesistenti (vadi, venghi, si siedi). Una di queste declinazioni è stata utilizzata nel sommario di un articolo, nel quale si dava conto di una dichiarazione del presidente bresciano Corioni: «Risolvino i nostri problemi o non si comincia per nulla». Il giornale in questione è la Gazzetta, edizione del 19 agosto, pagina 8. Sempre sulla Gazzetta (20 agosto), abbiamo trovato un Paolo Forcolin stranamente involuto. Riferendosi ai quattro attaccanti della rosa juventina (definiti, con la consueta originalità, "i quattro moschettieri") egli ha scritto:« Parliamo degli attaccanti della Juventus, se non si era capito, ed è un parlare che tocca, inevitabilmente, accenni di preoccupazione, quanto meno immediata». Boh? Forse il fuoriclasse della rosea ha qualche motivo di tristezza e la lettura di un altro pezzo pubblicato nella stessa edizione potrebbe aiutarci a fare chiarezza: «Se a Mauro Camoranesi si dovesse appiccicare un aggettivo, tanto per rendere l'idea, andrebbe bene "ruvido". Tipino da trattare a piccole dosi questo argentino dallo scarso sorriso e dai modi spicci, fin troppo». Brutta storia: Camoranesi è alla Juventus da appena due mesi ma di Forcolin ne ha già le palle piene.

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