Tifosi divisi alla prima prova «politica»

Cuore della protesta gli Irriducibili Lazio, le curve «rosse» restano a casa. Ma destra e sinistra non spiegano tutto

Ogni mattina, prima del caffè, Diabolik alza il telefono e chiama gli amici per assicurarsi che stiano tutti bene, cioè che nessun altro sia finito in galera. Perché Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, 36 anni, è il capo indiscusso degli Irriducibili, maggiore gruppo ultrà della Lazio e florida catena di merchandising con tredici punti vendita a Roma: si definiscono «apolitici» ma non hanno mai smesso di coinvolgere la curva nord in cori come «romanista ebreo» e «questa Roma qua sembra l'Africa». Diabolik è preoccupato perché gli Irriducibili (e la Banda noantri) sono stati travolti da una pesante stretta repressiva che, in un mese, ha portato dietro le sbarre ben venticinque di loro per episodi di violenza risalenti al periodo tra la fine del 2002 e il febbraio di quest'anno. Per questo i laziali saranno i principali protagonisti al corteo che sfilerà oggi alle 16 a Roma dalla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio allo stadio Olimpico. Niente simboli politici, consegna tassativa. Solo striscioni dei gruppi e sciarpe e cappellini con i colori della squadra del cuore. E ovviamente striscioni «contro la repressione». La manifestazione nazionale degli ultras contro gli arresti e le diffide (divieti di frequentare gli stadi), ma anche contro il calcio «moderno» delle pay tv, è in discussione da un paio di mesi. Da quando cioè il governo ha varato il decreto che consente l'arresto in flagranza degli ultrà anche a 36 ore dai fatti, in base ai filmati visionati dalla polizia. «A voi i soldi a noi la repressione» è la scritta che campeggia da settimane sugli spalti di tutta Italia. Per questa iniziativa, fin dall'inizio, si è dato un gran da fare il 38enne Fabrizio Toffolo, alter ego di Diabolik, star della trasmissione che gli Irriducibili gestiscono su una radio romana e portavoce del gruppo. Anche Toffolo, però, è finito a Regina Coeli: il 24 marzo la procura di Roma l'ha fatto arrestare con l'accusa di aver preso parte all'aggressione a poliziotti e ferrovieri del 15 dicembre 2002 alla stazione Tiburtina, dove gli ultrà biancazzurri hanno travolto il servizio d'ordine per salire sull'Intercity diretto a Torino per Juve-Lazio (1-2).

La trattativa per un corteo unitario è fallita solo qualche giorno fa. Oggi in piazza ci saranno i laziali, in buona compagnia con i romanisti più vicini a loro (Tradizione e distinzione, Boys, forse gli Ultras romani ma non i Fedayn), gli interisti dei Boys San e i Fighters juventini, veronesi e padovani, leccesi e tarantini. Non ci saranno, invece, i gruppi salernitani, bergamaschi, bresciani, milanisti e di altre squadre, che pure avevano partecipato alla prima parte del percorso unitario; né ci sarà Progetto ultrà, l'osservatorio sulle (e delle) curve finanziato da Ue e Regione Emilia Romagna e impegnato da anni contro il dilagare di violenza e razzismo negli stadi. A quanto pare non si sono accordati sulla gestione del dopo-corteo perché i «gruppi ospitanti», cioè i romani, volevano aprire i microfoni a tutte le realtà presenti, gli altri invece preferivano un intervento unitario che si è rivelato impossibile da concordare. Nel comunicato in cui si dissocia, firmato Movimento ultras, si legge che «non è stata posso possi possibile raggiungere una condivisione di valori e principi, non è stato possibile gestire unitariamente l'evento» ma anche «auspichiamo comunque una buona riuscita della protesta, il lavoro intrapreso non andrà sprecato, verranno proposte nuove iniziative». Ieri, sul portale tifonet.it, si leggevano prese di distanze dal corteo da Brescia, Bergamo, Napoli (Fedayn), Parma, Modena, Cava dei Tirreni. Meno concilianti i romani: «Su di noi giudizi menzogneri, in malafede. Chiedevamo solo di poter parlare, non ci rappresenta nessuno».

La politica spiega troppo e troppo poco, non foss'altro perché la piazza romana sarà disertata anche da gruppi con il cuore a destra (torinisti e udinesi, ad esempio). Ma è pur vero che le tifoserie più marcatamente di sinistra -livornesi, ternani, perugini, cosentini e quanti si riconoscono in «Resistenza ultras» - nemmeno per un attimo hanno pensato di sfilare con gli Irriducibili. Gli ultrà laziali, per dirne una, difendono a spada tratta anche i cinque arrestati a novembre e rinviati a giudizio per l'aggressione a un marocchino nei pressi della sede degli Irriducibili, che secondo la procura fu tentato omicidio aggravato dai motivi razziali. E domenica scorsa, a manifestare con Diabolik davanti Regina Coeli, c'erano molte facce note della destra radicale romana, che forse ci saranno anche oggi sia pure senza volantini né bandiere.


La "politica di curva" chiede più spazio

E' importante promuovere la cultura ultras senza cadere in strumentalizzazioni 

Doveva essere una manifestazione unitaria, nata dal lavoro e dalle idee di tutti i gruppi ultras italiani, ma il corteo che muoverà oggi pomeriggio da Piazzale Clodio allo stadio Olimpico rischia invece di essere egemonizzato dai gruppi romani, in particolare da quelli laziali. Gli "Irridicibili" sono stati un po' i protagonisti di questa spaccatura, accusati dai gruppi appartenenti al "Movimento Ultras" di voler strumentalizzare la manifestazione per propri interessi specifici. Nell'ultima riunione organizzativa non si è trovato un accordo sui messaggi da lanciare e le regole da rispettare, che avrebbero dovuto essere comuni a tutti i gruppi partecipanti. Si sono creati due opposti schieramenti: da un lato i gruppi aderenti a "Movimento Ultras", dall'altra quelli che appoggiano gli "Irriducibili", quasi tutti legati ad una cultura politica di destra. 
Nonostante i numerosi tentativi di allontanare dalla manifestazione qualsiasi etichetta politica, le divisioni ideologiche alla fine hanno prevalso, tagliando le gambe alle buone intenzioni di molti organizzatori della manifestazione. 

Franz, portavoce dell'associazione "Noi Ultras" di Venezia, prova a spiegare le ragioni di chi, come lui, non verrà a Roma: «C'era il rischio che alcune dichiarazioni non concordate dalla maggioranza dei gruppi acquisissero una rilevanza eccessiva rispetto ai reali motivi della nostra protesta.» Un peccato sia finita così, visto il lavoro fatto per coordinare le azioni di molti gruppi, anche di matrici politiche e culturali molto distanti. «Il nostro è un movimento variegato - prosegue Franz - ma è possibile trovare un punto di vista comune per reagire a questa legge repressiva». Per quanto riguarda gli "Irriducibili", non usa mezze parole: «Mi sembra evidente che cercano di costruirsi una leadership a livello nazionale, estromettendo "Movimento Ultras"; ma noi rifiutiamo di farci ingabbiare da certe logiche politiche, specie se di estrema destra e vicine a "Forza Nuova"». 

Il pericolo che la manifestazione si svolgesse a beneficio di una sola piazza ha convinto molti gruppi a disertare l'evento; accanto agli ultras laziali dovrebbero esserci anche i "Boys" dell'Inter, quelli della Roma e rappresentanze da Varese e Verona. Tutti gruppi con un preciso orientamento politico; ma Franz precisa: «Ci sono anche gruppi di destra che hanno preferito non partecipare, come quelli dell'Udinese, a dimostrazione che in "Movimento Ultras" convergono molte realtà diverse, accomunate da medesimi obiettivi». La necessità di questo movimento è quella di promuovere la cultura ultras, intesa come aggregazione sociale, condivisione di valori, unione di intenti, evitando però di autorappresentarsi, con azioni e prese di posizione irresponsabili, come progetto debole e privo di credibilità. Il passaggio fondamentale da una "politica in curva" ad una "politica di curva", realizzato quanto più possibile su larga scala, è certo il percorso migliore per raggiungere la tanto auspicata unità.

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