La giornata di sette ultrà

"Estranei alla massa", un documentario sui tifosi partenopei

"Fe-fe-Fedayn, Na-po-li", zoomate sul pubblico vociante, sulle curve del San Paolo, sul tifo azzurro vissuto attraverso gli occhi e la vita quotidiana di sette ragazzi da stadio. Si chiama Estranei alla massa, dal nome del gruppo di ultras partenopei, il documentario di Vincenzo Marra che è stato presentato nei giorni scorsi al festival del cinema di Torino.
Un filmato ossessionato dal traffico (tutti i protagonisti si raccontano guidando in automobile per andare al lavoro o spostarsi in città), dai palazzoni di cemento, dalla marginalità (di quartiere, di reddito e di famiglia) che s'insinua dappertutto. Anche il momento più atteso, la preparazione degli striscioni, il sabato pomeriggio - in un posto tra le Vele di Secondigliano dove c'è un muro abbastanza lungo da poter stendere il lenzuolo e scriverci sopra- evidenzia i ragazzini che vengono a curiosare, quelli che tirano i petardi o vogliono scarabocchiare con la vernice e una sorta di militanza un po' burocratica e un po' maniaca dei grandi. Così seguiamo Giotto che fa il noleggiatore di videogiochi e gli altri protagonisti, un ragioniere in una segheria, un assistente di un fotografo di matrimoni, un rappresentante di detersivi, un aiutante di fruttivendolo. "Siamo tutte persone normali, c'è chi ha la passione del tennis, chi della playstation, io sono innamorato della squadra della mia città. E' una cosa che mi porto dentro sin da bambino, chi di noi non teneva la maglietta numero 10 da piccolo?". Sembra quasi un rituale di iniziazione delle società occidentali avanzate (ma questa faccia della capitale del mezzogiorno è meno luccicante del rinnovato centro storico). Ritrovarsi insieme a urlare, incitare, cantare, abbracciarsi sulle gradinate di un impianto sportivo, facendo colorate coreografie umane e luminarie. Un irrazionale e cieco amore da teenager perché quelli di una certa età cominciano a fare qualche assenza ("s'è fatta 'a panza e pure 'na famiglia").
Girato in diversi momenti della stagione 1999/2000 (quella della promozione in A del Napoli di Novellino e Schwoch), il lungometraggio segue anche una classica trasferta, andare a vedere Treviso-Napoli con un po' di baldanza, salvo perdere 5-1 e ritornare parecchio bastonati, tra un casello autostradale e gli amici che ti prendono in giro. Un viaggio lungo tantissime ore passate a spiegare la trama di un film ("Eyes wide shut" di Kubrick) con tutto il corollario di commenti. Tra ingorghi e consegne, abitazioni fatiscenti e salite ripidissime, si viaggia pure in motorino, senza casco e in controsenso, correndo a tutto gas in strettoie, con "un ragazzo di 31 anni, cresciuto per strada, nei quartieri spagnoli" che ha incontrato gli amici in curva e non li ha più abbandonati. C'è poi la colonna sonora degli Almamegretta e brandelli sonori che arrivano un po' dappertuttoin un'istantanea della città che somiglia molto al pianeta dei neomelodici indagato nello smagliante Un abbraccio circolare.

Archivio articoli

index