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di Pippo Russo, Carocci Editori, pagg.127, 9,00 euro)

Mutazioni dello sport nell'era postmoderna 
E' stato pubblicato il volumetto «Sport e società» di Pippo Russo, che analizza i differenti momenti e l'evoluzione delle discipline di questo «fenomeno sociale totale» in un periodo storico di estrema confusione. Così le Olimpiadi di Atene sono celebrate come la massima espressione dello sport moderno arrivato a una fase di spasmodica trasformazione dove risaltano la professionalizzazione,degli atleti e l'eccessiva spettacolarizzazione 
Una bussola teorica Un libro di sociologia dello sport, utile per orientarsi nel dibattito contemporaneo che si interroga sulla cancellazione della nazionalità e sul ruolo della scienza


Durante una rassegna teatrale svoltasi a Milano un mese fa, è successo un episodio curioso: il programma prevedeva uno spettacolo di lotta senegalese, una disciplina ancestrale tra il ritualistico e lo sport. In Africa tali eventi hanno una diffusione paragonabile al calcio in Europa e i lottatori godono di una fama immensa. Gli organizzatori avevano invitato a Milano i due maggiori campioni senegalesi, e per richiamare nel pubblico immagini il più evocative possibili, li avevano chiamati Tyson e Bombardier. Secondo quanto riportato dal pieghevole di presentazione, i due campioni avrebbero dovuto sostenere a Milano un'anteprima dell'incontro per il titolo nazionale che si sarebbe svolto in Senegal qualche settimana dopo. Senonché, una volta arrivati in Italia e solo allora informati di quel che avrebbero dovuto fare, Tyson e Bombardier si sono rifiutati di lottare, adducendo come motivazione che quell'incontro, importante evento per tutto il Senegal, doveva svolgersi dapprima in patria - al cospetto di tutta la loro comunità e dei loro dei - e solo dopo, semmai, poteva essere esportato. Una parziale riproduzione in altro luogo, infatti, avrebbe generato malefici e alterato il naturale esito della lotta. Per meglio capire quale strano arcano storico abbia fatto incontrare Tyson e Bombardier con gli organizzatori dell'evento in questione, occorre leggere il nuovo libro di Pippo Russo, Sport e Società (Carocci, pagg.127, 9 euro) che, attraverso il metodo sociologico, affronta il tema del legame tra sport e modernità. Il libro analizza l'evoluzione della categoria metastorica di loisir - «complesso di attività individuali e di gruppo non collegate a necessità produttive ma orientate all'appagamento di un bisogno di autorealizzazione estetica o emotiva» - attraverso la periodizzazione scandita dal concetto di modernità. L'ipotesi è che tra i grandi sconvolgimenti apportati dalla modernità ci sia la nascita dello sport, il quale si è evoluto dai giochi premoderni grazie all'apporto di processi di razionalizzazione, secolarizzazione, burocratizzazione e standardizzazione. Dall'incrocio tra tale periodizzazione e il loisir, Russo individua tre micro-categorie storicamente collegate: 1) le discipline sportive pre-moderne (ritualistiche, non secolarizzate, non portate alla ricerca agonale della vittoria e della prestazione individuale, ma votate alla riproduzione mitopoietica del senso identitario di una comunità); 2) le discipline sportive moderne (senza connotati rituali e/o religiosi, ma secolarizzate intorno alla teleologia del risultato formalizzato dai numeri e standardizzato dai regolamenti burocratizzati delle federazioni); 3) le discipline sportive post-moderne (caratterizzate da un progressivo processo di mercificazione, di erosione del principio di nazionalità e del binomio maschile/femminile, e di trasformazione dell'evento sportivo in una iperrealtà dal forte carattere estetico-emozionale).

L'importanza di questo libro risiede nel fatto che l'evoluzione in atto nel mondo dello sport viene letta come una cartina di tornasole del cambiamento cui è sottoposta la modernità. Analizzarla con un approccio di lunga durata, dal pre al post, mette in luce uno dei problemi centrali cui la scienza moderna deve fare i conti. Ovvero quello di capire se davvero si sia innanzi alla fine della modernità o si sia solo vivendo una sua epocale evoluzione. Perché qui sorge il problema: se l'era moderna è la madre storica di tutte le discipline che hanno a che fare con il sociale, come la sociologia, e se lo sport è un «fenomeno sociale totale» e dunque anch'esso figlio dell'era moderna e oggetto di analisi della sociologia stessa, con il vacillare della modernità vacillano sia la panoplia di significati utilizzata fino ad oggi per interpretare lo sport, sia, con ciò, anche il mezzo di analisi, cioè la scienza moderna di cui la sociologia fa parte. Ne è una prova il fatto che gli stravolgimenti odierni manchino di interpretazioni verosimilianti e che ogni disciplina «moderna» manchi anche dal punto di vista semantico dei mezzi adatti a formare tali tipi di interpretazione. Basti pensare che ogni campo dello scibile umano, per definire il contemporaneo, non può che rifugiarsi nel prefisso post: post-moderno, post-industriale, post-fordista, post-bipolare, ecc. Questo è un effetto del paradosso epistemologico in atto: la scarsità di significanti è sintomo di una mancanza di strumenti di analisi, la mancanza di strumenti di analisi è sintomo della fine della modernità, e così via.

Pippo Russo ci aiuta a venire a capo di questo paradosso nell'ultima parte del libro, là dove descrive i possibili sviluppi che lo sport può assumere nei prossimi anni. Il suo studio spinge l'analisi ai confini dello spazio semantico di riferimento, fino quasi a oltrepassarlo, facendo giungere il lettore alla conclusione che l'epoca che stiamo vivendo non può che porsi tra la fine di un paradigma e l'inizio di un altro. E che lo sport altro non è che un epifenomeno in precipitosa evoluzione verso un futuro difficile da decifrare. Per questo motivo le Olimpiadi di Atene 2004 diverranno un probante campo di studio. Esse concorreranno a determinare un ulteriore passo nella direzione dell'ignoto. Quale che sia, il loro futuro sarà il futuro della modernità. Per questo andranno seguite con sguardo vigile: celebrate come massima espressione dello sport moderno (declinate intorno ai concetti di nazione, razionalizzazione dei risultati e professionalizzazione) le Olimpiadi moderne sono un'agenda per l'analisi del cambiamento in atto; la sociologia dello sport, autonomizzata e strutturata come oggetto analitico in sé, è l'indispensabile strumento di analisi; e il libro di Pippo Russo, a sua volta, è la bussola fondamentale per orientarsi nel tempo e nelle varianti teoriche. Al lettore, a questo punto, la facoltà di capire quel che sta succedendo. Dopodiché, però, sarà utile realizzare un dibattito polemico che abbracci più discipline (in nome di un sacrosanto anarchismo epistemologico) e che permetta di direzionare l'analisi teorica senza rimanere imbrigliati in un paradigma, quello della modernità, che ormai segna il suo tempo; e senza però neppure perdersi in quella deriva di babelizzazione verso cui la post-modernità ci sta pian piano conducendo. Una sfida difficile per una fase storica di confusione.

Fase di confusione -per ritornare al nostro esempio iniziale- di cui Tyson e Bombardier sono prova vivente. Praticanti di un evento premoderno che, per quanto cooptato ai dettami della modernità e quindi trasformato in sport, mantiene inalterati i codici ritualistici che lo contraddistinsero all'origine. Essi si scontrano con gli organizzatori dell'evento, i quali, epigoni postmoderni dello sport come spettacolo, non si preoccupano di celebrare una realtà, ma bensì di creare un'immagine il più possibile accattivante e simbolica, vale a dire un'iper-realtà, che sia facilmente spendibile sul mercato. Tra il loro modo di vedere lo sport e quello di Tyson e Bombardier c'è di mezzo una distanza grande come un paradigma. Quello della modernità.

 

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