Il Pallone nel Burrone
Libro-inchiesta di Napoletano e Liguori, Editori Riuniti, pp. 198, €. 12,00
Si chiama "Il Pallone nel Burrone" l'ultimo libro di Salvatore Napoletano e Marco Liguori. Un titolo evocativo, che rende perfettamente l'idea di un limite superato forse in modo irreversibile. Sembrerebbe che, commentari e giornalisti sportivi, abbiano definitivamente rinunciato a parlare del calcio giocato per dedicare le proprie attenzioni ai retroscena economici, politici e finanziari di questo sport. Questo perché, come ha scritto Darwin Pastorin sulle pagine di questo giornale, "l'apocalisse di una palla avvelenata ha distrutto la propria cultura, i propri ideali, un sogno fanciullo". Ed allora bando ai commenti sulle prodezze atletiche e tattiche di calciatori ed allenatori e largo alle inchieste in grado di mettere in luce le dinamiche economiche che magari, con fatica e tenacia, possono aiutare a raddrizzare il calcio e riconquistarlo ai sogni fanciulli.
Un'analisi spietata quella dei due giornalisti finanziari. Un vero e proprio libro inchiesta capace di rilevare la parte peggiore dello sport nazionale. Un libro che prende definitivamente atto della situazione di sfascio del calcio nostrano e va a caccia delle cause e delle dinamiche intrinseche di questo sfascio.
C'è una data d'origine: febbraio del 1986. Anno in cui l'attuale Presidente del Consiglio acquista il Milan. Fino ad allora il calcio era in mano a signori del paleolitico finanziario. Ferlaino, Viola, Anconetani, Rozzi ed altri, apparivano come veri e propri uomini di Neanderthal al cospetto dello yuppismo trionfante degli anni '80. Un calcio provinciale e rozzo. Eppure si riusciva ancora a parlare di giocate, dribbling e parate strepitose. Non che fosse un isola felice, certo, eppure per molti aspetti era ancora sano ed a dimensione d'uomo. Unica eccezione, la corte degli Agnelli. Veri e propri mecenati del calcio, i sovrani sabaudi erano però lontani dal considerarlo come vera e propria industria. In ogni caso, gli stipendi non erano ancora delle finanziarie, gli sponsor si limitavano a marchiare la maglia e la tv a pagamento era lontana da venire.
Tutto questo finché Berlusconi stabilì che il calcio era un prodotto e che tale prodotto era gestito male. Aveva, secondo il magnate di Arcore, tutti i crismi del prodotto. Bastava trasformare le società in Spa, i tifosi in consumatori ed il gioco era fatto. Questa, in due parole, la vera vittoria berlusconiana. L'esser riuscito a mutare, grazie all'invasione delle proprie televisioni, il dna stesso del calcio. Solo dopo viene l'aspetto economico. Conseguenza questo, di un cambiamento ben più radicale e profondo. Un vero e proprio mutamento antropologico. Come chiamare, del resto, la trasformazione del tifoso in cliente e come quella del presidente in manager? Una vittoria che costringe gli altri a seguire a ruota. Impossibilitati ed incapaci di proporre una vera alternativa. Sempre dietro ad aspettare l'ultima mossa e l'ultima intuizione del Presidente del Consiglio.
Al di là di tutto la politica berlusconiana, secondo i due autori, è semplice ed efficace: comunicazione, diritti televisivi, pubblicità, sponsorizzazioni e ricerca di sinergie ed alleanze.
Prima tappa, spezzare il monopolio Rai sui diritti televisivi. E' il 1993 e sulla scena televisiva italiana appare Telepiù. Il calendario calcistico inizia a frammentarsi. Appaiono anticipi e posticipi che spezzano le accidiose e rassicuranti abitudini domenicali. Il valore dei diritti televisivi del campionato sale in modo vertiginoso ed incontrollato: si passa dai 2 miliardi delle vecchie lire dei primi anni '80 agli oltre 200 del '95.
Seconda tappa, trasformare la natura giuridica delle società di calcio. "L'obbligo di non poter avere dei fini di lucro" ci rammentano Napoletano e Liguori "veniva vissuto come un imposizione ingiusta". La Juventus, da corte rinascimentale del calcio, annusa il nuovo clima ed inizia a ragionare da vera e propria azienda. Appoggia l'iniziativa berlusconiana e contribuisce a trasformare le società di calcio in aziende aventi fini di lucro. Altra data: 20 Settembre 1996 il governo di centro-sinistra, è bene rammentarlo, approva un decreto che suggella il diritto di lucro e, di fatto, favorisce la rivoluzione berlusconiana. Insomma, si aprono nuovi scenari e nuove possibilità economiche. Tutto sembra andare per il meglio. Eppure qualcosa non ha funzionato.
Ad oggi ci sono almeno cinque delle più importanti società calcistiche insolventi ed indebitate fino al collo. Due dei presidenti più prestigiosi, Tanzi e Cagnotti, addirittura in galera. Insomma, una condizione sull'orlo del baratro. E se la situazione non degenera è solo grazie ai ripetuti ed interessati provvedimenti governativi. Ma cos'è che non ha funzionato? Semplice, le società di calcio spendono ben più di quello che guadagnano; ciononostante le banche sono lì a sostenerle in tutto e per tutto.
Conseguenza di tutto ciò, il "burrone". Ed una singolarissima sensazione di vivere sotto ricatto. Quasi che i problemi, generati dalle incapacità e dalle vere e proprie truffe dei manager, debbano ricadere su cittadini e tifosi. E' c'è, forse, una strana ed indiretta alleanza tra la volontà di molti tifosi ed appassionati (disposti ad accettare tutto pur di acclamare i propri beniamini) ed i tycoon del pallone che, proprio in virtù della passione altrui, continuano ad agire indisturbati. Forse, la riforma del calcio dovrebbe "partire dal basso". Ed i tifosi dovrebbero riscoprire la capacità di indignarsi senza per questo seguire le follie strumentali di pochi sedicenti tali.
Di seguito il sommario del libro con l'indice dei capitoli e dei paragrafi:
L'asse Juventus-Milan
Patto d'acciaio. Quando l'alleanza non c'era. La mutazione genetica. La distruzione del "bacino d'utenza". Il trofeo Luigi Berlusconi. A morte gli infedeli !. Un fiume di soldi. Il diritto tv è mio e me lo gestisco io ! Comunicare in due. Al tifoso non far sapere...Un castello di sponsor
Capitalia, una banca di mutuo soccorso
Perchè una banca nel calcio. Un consiglio di amministrazione particolare. Soci vecchi e nuovi, importanti e meno. Vita e opere di Franco Carraro. Una banca d'affari...calcistici. Incroci azionari e altro ancora. Magari si potrebbe...
Furbizie e maneggi: le plusvalenze
La definizione. Le plusvalenze nel calcio. Cominciano anche le grandi. La plusvalenza eretta a sistema. Un esempio per altre aziende. I campioni dello scambio fittizio: Milan e Inter. Il caso Helveg. La furia di Franco Sensi. La reticenza della Juventus. La legge 27 del 21 febbraio 2003. Che la giostra riparta ! Che cosa certificano? Una vita da..."plusvalenzogeno". Un altro modo: la comproprietà. Promesse da presidente.
Il modello cosiddetto "vincente": la Juventus
Questione di stile. Ancora questione di stile. A passi svelti verso il futuro. Delle Alpi racconta. E Mostro Juve sia...Beati monoculi in terra caecorum. La Borsa ci conviene! Pecuania non olet. Meglio i soldi della storia?
Il modello cosiddetto "laboratorio": la Lazio
Fuori dal tunnel? Ma quanti amici importanti...Iscrizione e misteri. Attenti alle fidejussioni. Un anno vissuto pericolosamente. La questua moderna. Un anno dopo si replica: iscrizione e misteri. Quenat'è bello rateizzare! Il piano Baraldi. Cambio ai vertici.
Altre banche nel calcio
Le solite fonti di energia. Inter-banca. Sant'Antonio pensaci tu ! Grazie Bnl. Banche sponsor.
Come assicurare un futuro sereno ai propri pargoli
La misteriosa Gea World. Cucù! C'è Romafides. Cucù Rmafides non c'è più. "Papà me lo dai l'appartamento?". In principio fu Expogoal. Il telefonista. La dinastia dei Pastorello. Casa Bonetto.
Presidenti e tribunali
Un rapporto troppo frequente. La lunga saga. Rispettare le regole. Il grano d'oro. A caval donato non si guarda in bocca. Primo per "mobbing". La collina dei container. "A modo mio..." spericolato. Il lupo in catene. La strana coppia. I guai di due ex eccellenti. Vittorio Cecchi Gori, Sergio Cragnotti. Conclusone.
Le ultimissime dai bilanci
Furbizie senza fine. Hernan Crespo e i conti della serva. Giallo di Sensi e rosso in bilancio. Fette di prosciutto sugli occhi. Tanto rosso e poco nero! Stavolta Moratti non ce l'ha fatta! L'ultima parola d'onore.
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