Il sogno dopo
Edizioni Limina, €. 16,9 Pagine 152
La passione di un fuoriclasse al di fuori degli schemi. Per Roberto Baggio il pallone è fantasia
Sono ormai diversi anni che gli scaffali delle librerie italiane accolgono, senza imbarazzo né supponenza, autobiografie, interviste e storie che hanno come protagonisti e talvolta autori, gli uomini del calcio nostrano. Si tratta di giocatori, ma anche di allenatori, come il recente e fortunato caso editoriale rappresentato dal libro di Serse Cosmi, mister del Perugia, che scelgono la parola scritta per riflettere intorno al calcio con sguardo distaccato e attento. C'è da dire inoltre che molti di questi libri riescono a fotografare la parte meno nota e spesso più interessante dei protagonisti del calcio italiano, mostrando il lato più umano e fragile della loro fortunata esistenza. E' il caso, per esempio, del secondo libro di Roberto Baggio, "Il sogno dopo", Limina editore, pagine 207, euro 13,90.
Una sorta di saga, quella del Baggio nazionale; un ritorno editoriale nel quale viene alla luce la vita, sportiva e non, di un campione costretto a giocare in provincia. E sì, perché Baggio è molto di più di un semplice giocatore: è lui che ha diviso presidenti e allenatori, tifoseria e dirigenza; è lui l'idolatrato ed il detestato del nostro calcio. E' la classe cristallina scomoda, quella che non può essere imbrigliata entro gli schemi para-scientifici del calcio moderno, quella capace di farli saltare con un semplice colpo di tacco.
Bisogna ben capirli questi allenatori che vedono andare in fumo il lavoro di una stagione intera per colpa, o grazie, dipende dalle prospettive, della giocata imprevedibile di un Baggio. Ed allora tanto vale lasciarlo in panchina. Lì non può far saltare gli schemi a nessuno; ma a saltare è stata spesso la pazienza della tifoseria, che non è mai riuscita a ficcarsi in testa che Baggio, prim'ancora di essere un campione, è un guastatore di moduli e come tale il nemico numero uno degli allenatori italiani. Non è un caso infatti che i rapporti più difficili, Baggio, li ha avuti con i mister più vincenti: da Lippi a Sacchi, da Trapattoni a Maldini.
Strano mondo quello del calcio. C'è un altro campione saltaschemi che è addirittura finito oltremanica. E' Gianfranco Zola, un altro che proprio non riusciva a capire che le giocate andavano bene per il circo e non per lo stadio. Evidentemente non la pensava così il calcio inglese che lo ha accolto e trattato come un vero e proprio patrimonio dello sport. Certo, i recenti successi in Europa dovrebbero riconciliarci con il nostro calcio e azzittire le voci di dissenso provenienti dal resto del continente. Come quando, in occasione dell'ultima finale di Champions League, la stampa sportiva di mezzo continente si scagliò contro i moduli ammazza-spettacolo delle nostre squadre.
Una partita soporifera e scontata che ha portato tanti soldi ai due club Milan e Juventus, mai abbastanza a quanto pare, ma che ha di certo annoiato i tifosi di mezzo mondo. Ma il calcio, si sa, è business. Non si gioca mica col business. Il pubblico si adatti e Baggio vada in provincia se non vuol andare in panchina. Lui è andato, ha segnato, vinto e divertito. Insomma, ha giocato al calcio.
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