Meteore Meteore, capitolo primo. Amori assoluti per un pallone che rotola e disincanti, orgoglio e rimpianti, confessioni e accuse. Aneddoti, eroi dimenticati, piccole e grandi rivoluzioni del calcio, fra tecnica e costume. 30 meteore della Serie A, dagli anni Sessanta ai Novanta, svelano l'altra faccia del circo miliardario, quella meno conosciuta e frequentata, dove il confine tra scacco e successo è troppo esile per venire accettato. Ma non per essere raccontato. Fino in fondo. Meteore, capitolo secondo. Provitali e i Dilettanti. Francesco, il bomberino rimasto al Palo dopo un anno di stop. L’entrata dura ma onesta di Motta. Capocchiano, congelato a mezzo stampa. La fame di Simonetta. Catalano e l’insostenibile pesantezza della panca. La scelta crudele di Zuczkowski. Il sogno di giocare di Didoné. E ancora, in ordine sparso: Mascheroni, Impallomeni, Paleni, Pagliari, Campilongo, Pianca, Anzuini, Santon, Mossini, Campanini, Cornacchini, Montesano (che dribblava anche l’erba), Meola, Cesati, Pisano, Scarrone, Pullo, Ragonesi, De Falco, Leschio, Troscé. Annibale e il gol non digerito di Sivori. Trenta storie troppo vere per non essere raccontate. Meteore, terzo e ultimo atto. Si conclude così la raccolta della splendida rubrica che tanto successo ha riscosso tra gli “aficionados” del Guerino. In queste 29 storie vere di calcio italiano (più uno struggente saluto a una meteora mai nata, Pizzirani), Aloi ci racconta che un anno in mezzo ai campioni ne vale cinque normali, che era meglio quando c’era il vincolo ché ti sembrava di stare in famiglia, che nel calcio come nella vita valgono due regole: marca deciso e rimani te stesso, che prima di parlare è meglio contare (in ogni senso), che il calcio è dolce e amaro ma la dignità è sempre d’oro, che l’attaccante è come il vino: se è doc matura bene, che senza un po’ di follia non si vince mai e che, parola di vecchio capitano, il modulo è l’ultimo problema. Per palati fini. Strano mondo quello delle meteore del calcio E' facile immaginare il "giocatore-meteora", appesantito e nostalgico, dentro un fumoso bar di provincia o in qualche spogliatoio di C2, mentre racconta per l'ennesima volta il goal o l'assist più bello della sua vita; e di come sia volato sotto la curva di qualche stadio leggendario, magari l'Olimpico, San Siro o il delle Alpi, per abbracciare tutta la tifoseria che, quel giorno lì, scandiva solo il suo nome. Poi più nulla: scomparso nel mare magnum del calcio italiano che sforna calciatori come polli da batteria. |