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Meteore
Autore Andrea Aloi, Libri di Sport Edizioni; pp117; €. 12,91
Storie e passioni di atleti rimasti nell'ombra 

Meteore, capitolo primo. Amori assoluti per un pallone che rotola e disincanti, orgoglio e rimpianti, confessioni e accuse. Aneddoti, eroi dimenticati, piccole e grandi rivoluzioni del calcio, fra tecnica e costume. 30 meteore della Serie A, dagli anni Sessanta ai Novanta, svelano l'altra faccia del circo miliardario, quella meno conosciuta e frequentata, dove il confine tra scacco e successo è troppo esile per venire accettato. Ma non per essere raccontato. Fino in fondo.

Meteore, capitolo secondo. Provitali e i Dilettanti. Francesco, il bomberino rimasto al Palo dopo un anno di stop. L’entrata dura ma onesta di Motta. Capocchiano, congelato a mezzo stampa. La fame di Simonetta. Catalano e l’insostenibile pesantezza della panca. La scelta crudele di Zuczkowski. Il sogno di giocare di Didoné. E ancora, in ordine sparso: Mascheroni, Impallomeni, Paleni, Pagliari, Campilongo, Pianca, Anzuini, Santon, Mossini, Campanini, Cornacchini, Montesano (che dribblava anche l’erba), Meola, Cesati, Pisano, Scarrone, Pullo, Ragonesi, De Falco, Leschio, Troscé. Annibale e il gol non digerito di Sivori. Trenta storie troppo vere per non essere raccontate.

Meteore, terzo e ultimo atto. Si conclude così la raccolta della splendida rubrica che tanto successo ha riscosso tra gli “aficionados” del Guerino. In queste 29 storie vere di calcio italiano (più uno struggente saluto a una meteora mai nata, Pizzirani), Aloi ci racconta che un anno in mezzo ai campioni ne vale cinque normali, che era meglio quando c’era il vincolo ché ti sembrava di stare in famiglia, che nel calcio come nella vita valgono due regole: marca deciso e rimani te stesso, che prima di parlare è meglio contare (in ogni senso), che il calcio è dolce e amaro ma la dignità è sempre d’oro, che l’attaccante è come il vino: se è doc matura bene, che senza un po’ di follia non si vince mai e che, parola di vecchio capitano, il modulo è l’ultimo problema. Per palati fini.

Strano mondo quello delle meteore del calcio

E' facile immaginare il "giocatore-meteora", appesantito e nostalgico, dentro un fumoso bar di provincia o in qualche spogliatoio di C2, mentre racconta per l'ennesima volta il goal o l'assist più bello della sua vita; e di come sia volato sotto la curva di qualche stadio leggendario, magari l'Olimpico, San Siro o il delle Alpi, per abbracciare tutta la tifoseria che, quel giorno lì, scandiva solo il suo nome. Poi più nulla: scomparso nel mare magnum del calcio italiano che sforna calciatori come polli da batteria. 
Andrea Aloi, giornalista di razza, già direttore di Cuore, suo il sottotitolo "Settimanale di resistenza umana", ha dedicato proprio alle meteore del calcio italiano una trilogia che porta alla luce la vastità del fenomeno e ne ristabilisce dignità. ("Meteore" - Libri di Sport Edizioni; pp117; euro 12,91). "Invulnerabilità di Achille" era il titolo della bellissima opera teatrale con cui qualche hanno fa l'indimenticabile Carmelo Bene ripercorreva le gesta e le emozioni del figlio di Teti e di Peleo. Eroe tragico del mondo greco, eroe invulnerabile, Achille in realtà era vulnerabilissimo a causa della beffarda immortalità incompiuta; ed era proprio questo il suo dramma, l'essere un dio incompiuto. 

Il tema viene qui introdotto da Aloi nell'universo calcistico. Nel calcio, però, la meteora assume un carattere diverso, per certi versi ancor più drammatico ed epico. Quanto più infatti il calcio moderno incarna il nuovo olimpo ed i calciatori gli dei incontrastati che lo abitano - sono loro il simbolo della forza e della invulnerabilità, solo un Totti, un Ronaldo o un Figo riescono a riassumere virtù, fortune e talenti semidivini - tanto più la vita della meteora calcistica assume "tragicità". E' come sfiorare l'immortalità e vedersela sfuggire per un nonnulla o per pura sfortuna; nel caso dei calciatori, un infortunio, un allenatore ostile o un goal mancato. E così, proprio come l'in-vulnerabile Achille, le meteore del calcio moderno sono degli dei incompiuti. Difficile riprendersi da una delusione così cocente, come quella di Roberto Mandressi, il cui padre gli diceva di stare attento perché «prima o poi finisce anche il Papa»; «e sì che l'ho fatta la vita del Papa, da ragazzino in turnè col Milan in Argentina, Austrialia, New York…Alla fine torni a casa e ti accorgi del resto del mondo. Quando il ginocchio andava in pappa ho fatto una vita come gli altri». 

Nessuno dei protagonisti del libro è diventato ricco e famoso, nessuno è ospite delle trasmissioni sportive più importanti, nessuno ne ricorda il nome e le imprese. Ma in ognuno di loro c'è un campione che non ha trovato spazio, travolto dalle regole del calcio che, per quanto bello sia, a volte è di una perfida violenza.

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