Pallonate
Tic eccessi e strafalcioni del giornalismo sportivo italiano
di Pippo Russo (Meltemi, 2003). Prezzo €: 11,00
Chi si ricorda del Michele Serra 1990? Quello di Cuore Mundial, il Michele Serra più in forma, distruttore di mostri sacri e di cialtroni della quotidianità. Ecco, rapportato al micromondo dello sport mediatizzato questo paragone rende l'idea con il Pippo Russo di 'Pallonate - Tic, eccessi e strafalcioni del giornalismo sportivo italiano', Meltemi editore, perlomeno nella terza parte del libro, quella dedicata agli esercizi di stile. Nelle prime due c'è il Pippo Russo che conosciamo e seguiamo con interesse da anni: nella prima il sociologo che contestualizza le Pallonate, uscendo dalla dimensione del refuso giornalistico (le librerie sono piene di illeggibili e spesso false raccolte di 'perle') per addentrarsi in una dimensione dove alcuni giornalisti sportivi fondono ignoranza, reticenza, connivenza con gli oggetti della propria prosa, superficialità e velleità letterarie; nella seconda il Pippo Russo giornalista (sì, giornalista, e come tale oggetto-soggetto dell'opera, pur con il vezzo di definirsi lettore) delle Pallonate propriamente dette, non riproposte nella maniera che conosciamo, ma in un certo senso categorizzate.
Fin qui il Pippo Russo che i lettori di Indiscreto conoscono. Nella terza parte, 'Profili ed esecizi di stile', l'autore tocca le vette del Serra vitale da noi citato (non certo dell'attuale borghese di sinistra che guarda schifato il mondo che cambia) e adorato, quello che scriveva pezzi di Brera e di Moravia in maniera più breriana di Brera e più moraviana di Moravia. Dopo avere letto e metabolizzato centinaia di loro pezzi, Russo è in grado di essere più jacobelliano di Xavier Jacobelli, con un pezzo sui torti arbitrali, più eleniano di Oscar Eleni (il suo finto derby di Bologna è da ribaltarsi), più gazzanighiano di Gian Maria Gazzaniga, fra Settimo Cavalleggeri e pitonesse, più cannaviano (si può dire?) di Candido Cannavò, con l'esaltazione della trecentomillesima vittoria di Schumacher e della Ferrari, solo per citare quattro delle sue vittime. Tutto da gustare anche il Calabrese apocrifo. Chi legge e ascolta tutto con spirito critico, ma senza animo da maestrino con la penna rossa, con questo libro non butterà via il suo tempo. E pazienza se questa sembra la solita recensione-marchetta fatta al libro dell'amico. Se pensiamo bene di un libro perchè dovremmo parlarne male? Magari fra un po' vi proporremo uno pseudo Pippo Russo, qualche idea ce l'abbiamo già.
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