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I capricci di un fuoriclasse. L'autobiografia di Gianfranco Zigoni

La foto, dai toni cromatici caldi, tipici delle pellicole degli anni settanta, ritrae un giovane uomo seduto su un divano di pelle scamosciata; il petto nudo, catenina d'oro con tanto di crocefisso soffocato dalla peluria; un cappellone bianco da gangster e, nella fondina, sotto le ascelle, una colt 45. Il giovane uomo è Gianfranco Zigoni, cavallo di razza del calcio italiano, ribelle ed imprevedibile; uno di quei giocatori che fanno innamorare i tifosi ed al contempo impazzire allenatori e presidenti. Questa foto fa da copertina al suo libro-autobiografia "Dio Zigo pensaci tu", edizioni Biblioteca dell'immagine, pagine 162, euro 11, storia calcistica e non di Gianfranco Zigoni detto Zigo. 
Partito dall'oratorio, grazie alla passione calcistica di due preti di Oderzo - provincia di Treviso - ben presto Zigo si fa notare dai club più importanti ed approda dapprima al Pordenone e poi alla Juve, per la bellezza di quindicimila lire al mese. Viene poi la volta di Roma e Verona. 

Talvolta capita che il calcio venga attraversato da personaggi il cui talento va di pari passo con la sregolatezza; Maradona su tutti, ma anche il grande Gigi Meroni o Best, di cui da poco è uscito un film. Personaggi che nel campo da gioco hanno portato la propria vita con tutte le sue contraddizioni e debolezze. Zigoni è senza dubbio uno di questi; avvezzo a frequentare i bassifondi delle città, Zigo ha attraversato le capitali calcistiche italiane - Torino, Genova, Roma - vivendone la parte più pasoliniana e decadente, la sola capace di dialogare con il suo animo di ragazzo cresciuto povero ed arrabbiato. 

Il libro, nonostante Zigoni sia molto lontano dall'essere uno scrittore, si legge tutto d'un fiato e le vicende dello Zigoni calciatore vengono letteralmente sommerse da quelle dello Zigoni viveur. L'autobiografia, infatti, è condita con episodi che farebbero impallidire Casanova; ma la fama da "sciupafemmine", per lui, non era abbastanza, ed allora Zigo assecondava il suo carattere, per così dire, eccentrico, rendendosi protagonista di vere e proprie bravate da guappo di periferia. Come quando, per cercare di sconfiggere la noia dei ritiri, si divertiva a sparare ai lampioni con la sua colt 45; o quando spaccò la gamba ad un guardalinee che aveva osato rivolgergli una parola di rimprovero. 

Ma Zigoni, per fortuna, non era solo questo. Zigo era soprattutto un calciatore, anzi, un fuoriclasse. «Quello è un musso, è un figlio de puta, e poi ha troppe donne che lo sfiniscono, ma quando vuole…è un purosangue». Queste parole, pronunciate da Saverio Garonzi, presidente di Zigoni nei suoi anni a Verona, riassumono perfettamente la personalità ed il carattere del nostro. Pare di vederlo ancora, Zigo, che si toglie pelliccia e cappello, il suo abbigliamento da panchina, saluta il suo pubblico e, se gli gira bene, porta a casa la partita con un paio di prodezze. Oggi Zigoni allena, «con amore», i pulcini di Basalghelle; il suo motto è «divertiamoci, e gloria a te Comandante Che». Una delle passioni di Zigo, il Che. Una cosa che, nonostante tutto, lo rende irresistibile. 

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