Volevo
essere Sergio Clerici
Autore: Davide Morgera Limina edizioni (pp.190, euro 13,50)
A Napoli il calcio si chiama «'o
pallone» e i tifosi «patuti». Davide Morgera è senz'altro un patuto
di pallone. Il suo Volevo essere Sergio Clerici
- uscito da poco per Limina edizioni (pp.190, euro 13,50) - è il
racconto degli ultimi quarant'anni di calcio napoletano, rivissuti non
solo attraverso le alterne vicende degli azzurri, ma anche affidandosi a
piccole storie di calcio minore. Riemergono dal passato squadre dai nomi
fantasiosi come «Falchi rossi» o «Tigre Piscinola», impegnate su
campi gibbosi che rendevano le scarpe «rugiadose». Sfilano anomali
personaggi come Cerqua, che scendeva in campo appesantito da cinque
polpette, il sensibile portiere Simeoli pronto a piangere dopo ogni gol
subito, il belloccio Orlando colto da febbre del sabato sera, il
talentuosissimo Bilotta che preferì ripiegare su una meno avventurosa
carriera da commercialista. Ben presente anche il mondo degli anni
Settanta: c'è ovviamente il Clerici del titolo, centravanti brasiliano
giunto a Napoli in età matura, ma ancora capace di incantare e animare
per due ruggenti stagioni il Napoli allenato da O' Lione Vinicio. E i
suoi compagni d'allora, Peppeniello Massa, Braglia detto Tubercolosi per
l'eccessiva magrezza. Ma c'è soprattutto un mondo meno gaglioffo, più
incantato e povero, in cui le figurine Panini non erano ancora adesive
ma si incollavano con il Vinavil, la sigla di Domenica In era Johnny
Bassotto, al pomeriggio si ascoltavano le voci di Ameri e Ciotti.
Le orge pallonare della pay-tv appaiono lontanissime, cedendo il passo a
un'epoca di pochi programmi dedicati al calcio, da seguire su un Voxson
con valvole ballerine, rimesso a posto da un nonno più bravo con i
dolci che con l'elettronica. Il sabato era il giorno dell'attesa,
consumata tra fantasiosi pronostici e schedine da compilare al bar del
paese, consultando febbrilmente il giornale Totocalcio. Morgera si
lancia però in una sorta di diario personale in cui c'è veramente
tutto: da Chinaglia a Canzonissima, da Totò allo sbarco sulla luna, da
un remoto concerto avellinese di Lou Reed (prezzo del biglietto: 3500
lire) al bizzarro Mattolini, portiere di un Napoli ancora lontano dai
fasti maradoniani.
Morgera, professore d'inglese in una scuola superiore, non poteva fare a
meno di ricordare il periodo dorato dell'idolo argentino, ma le pagine
finiscono col perdere efficacia, l'autobiografia è talvolta troppo
insistita: le stagioni sono ripercorse da supertifoso, le tappe
fondamentali della sua vita (il primo viaggio senza genitori, le prime
feste, la nascita dei figli) sono legate al calendario delle partite: «mi
sono laureato il 27 novembre del 1987, due giorni prima di un pari
esterno con l'Inter». Procedendo nella lettura si perde il filo
conduttore della passione, che finisce invece per stemperarsi nel
rimpianto per un calcio che non conosceva la dittatura della tv e del
marketing a tutti i costi.
Così il passaggio dalle nebulose immagini in bianco e nero ai siti
internet, accompagnato dal declino inesorabile di un Napoli sempre
malmesso, rende il finale malinconico. Molto meglio rievocare Sergio
Clerici detto «il gringo» (con una foto di copertina inedita tratta
dall'archivio dell'ingegner Giuseppe Montanino, un altro patuto e
supertifoso che ha una fantastica collezione di memorabilia sulla
squadra del cuore, dalle bottiglie di liquore per lo scudetto `87 ai
pupazzetti di Maradona) e magari fermare poco dopo il filo dei ricordi,
invece di costringersi a scrivere di Prunier e Calderon, Ulivieri e
Colomba, passando per Edmundo o' animal.
index
|