Il romanzo del vecio
Il libro dedicato all'ultimo Ct italiano che ha vinto un Mondiale
Bearzot, dal trionfo di Spagna '82 al tresette con Pertini
«Il concetto base era questo. Il loro
centravanti Serginho fa da boa ed è un punto di passaggio quasi
obbligato per ogni azione d'attacco. Facendo sponda su di lui vanno
dentro, Zico e Socrates, ma anche Eder, Falcao e Junior. Se riusciamo ad
anticipare Serginho li becchiamo scoperti e troviamo gli spazi per
colpirli». E' il 5 luglio del 1982. L'Italia guidata dal
"vecio" Enzo Bearzot si prepara ad affrontare un Brasile
stratosferico. La partita è decisiva: chi vince approda alle semifinali
del Campionato del Mondo che si gioca in Spagna. L'Italia era reduce da
una prima fase, per così dire, deludente; il Brasile giocava al ritmo
di samba e Zico e compagni sembravano trovarsi a memoria. Eppure il
"vecio", unico in Italia e forse nel mondo, era convinto che
quel Brasile era pieno di lacune e quindi battibile.
Ore 17 e 15; l'Italia intera si ferma: «Sventagliata di Conti da destra
a sinistra per Cabrini controllo in corsa e cross sulla testa di Rossi;
uno. Malinteso della difesa brasiliana, Rossi ruba palla, avanza al
limite scarica il destro; due. Corner dalla destra, rinvio corto, girata
di Tardelli, deviazione di Rossi; tre». Italia 3 Brasile 2. Il sogno
diventa realtà; l'Italia liquida Polonia e Germania e si laurea
Campione del Mondo per la terza volta, come urlerà al paese intero un
Nando Martellini fuori di sé dalla gioia. E' "Il romanzo del
vecio. Enzo Bearzot, una vita in contropiede" di Gigi Garanzini -
Baldini e Castoldi; pp 170; Euro 8,40 - E' la vita sportiva, e non solo,
dell'ultimo mister capace di guidare l'Italia alla vittoria di un
Campionato del Mondo.
Pipa d'ordinanza perennemente stretta tra le labbra, aria sempre
sorridente e cordiale, il vecio è stato l'ultimo rappresentate del
gioco all'italiana relegato definitivamente in pensione dalla matematica
sacchiana. E' uomo, il friulano Bearzot, di origini contadine ed è
abituato a fare i conti con la realtà; pratico e senza velleità, il
vecio si considererà sempre, nella vita come nel calcio, timido e
chiuso, apparentemente incapace di grandi slanci così come di
iniziative spregiudicate: «Siamo fatti così, siamo contropiedisti nel
comportamento». L'immagine più nitida e significativa che portano con
se i milioni di italiani che hanno vissuto gli anni della sua reggenza,
è quella che lo vede impegnato in un tresette, in occasione del viaggio
di ritorno dalla Spagna, con l'allora Presidente della Repubblica
Pertini. Il resto è leggenda.
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