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Clamoroso al Cibali “Tutto il calcio minuto per minuto”
(Quando la radio diventa storia)
Autore: Riccardo Cucchi, edizioni Minerva, €. 25,00 

Questo libro ripercorre la storia del programma radiofonico “Tutto il calcio minuto per minuto”, attraverso le “voci” che lo hanno reso celebre (Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Alfredo Provenzali, Ezio Luzzi, Enzo Foglianese, Massimo De Luca, Bruno Gentili, Carlo Nesti). Leggendo queste pagine riecheggiano: “Gentili ascoltatori buon pomeriggio….I campi collegati sono….Al microfono i colleghi…Via con i risultati dei primi tempi”; “Scusa, scusa Ameri…Scusa Ciotti…, il Milan è passato in vantaggio”. È così che l’adrenalina entra in circolo. In particolare con un risultato incredibile, un autentico “Clamoroso al Cibali”. Antonio Preziosi, Direttore di Radio Uno e del Giornale Radio Rai, scrive nella prefazione: “Con la voce di Ameri, Ciotti, Provenzali sono cresciute generazioni di italiani. Con la squadra di radiocronisti capitanata da Riccardo Cucchi continuiamo a vivere le emozioni di un gol e a sentire il profumo dell’erba di un campo da calcio. Perché la grande qualità dei nostri radiocronisti è quella di farci vedere le partite alla radio”. Riccardo Cucchi, in Rai dal 1979, ha cominciato a far parte del gruppo dei radiocronisti di “Tutto il calcio” dal 1981; dal 2007 è capo-redattore sport del “Giornale Radio Rai”.

Clamoroso al Cibali, epopea a transistor
Imitato, contraffatto, parodiato, da mezzo secolo «Tutto il calcio minuto per minuto» è un luogo del racconto civile e della disamina tecnica. In un album-cronistoria curato da Riccardo Cucchi, la storia della trasmissione più popolare della radiofonia italiana. Un programma Rai del servizio pubblico che continua a volersi tale

La tv è un mezzo freddo, la radio invece un mezzo caldo, caldissimo, ebbe a dire un astuto e celeberrimo epigono della Scuola di Francoforte: egli voleva significare, in altre parole, che la tv rende inerti e passivi mentre la radio elettrizza e mobilita l'immaginazione. Non occorre essere degli appassionati di football per sottoscrivere la tesi di Marshall McLuhan e ravvisare in Tutto il calcio minuto per minuto la prova provata della sua fondatezza. Ancora viva e vegeta la trasmissione a cinquantuno anni dall'esordio, la voce che ne esprime al presente la vitalità e si direbbe la perfetta ubiquità è quella di Riccardo Cucchi, la stessa che compare nei titoli di testa di Clamoroso al Cibali. «Tutto il calcio minuto per minuto». Quando la radio diventa storia (Minerva Edizioni, pp.246, €. 25,00) un bellissimo album-cronistoria redatto con la collaborazione di Maurelia Carafa e arricchito da un cd antologico di antiche e recenti radiocronache.
Prima che un programma, Tutto il calcio è la teatralizzazione, a cadenza, di una forma specifica dell'immaginario popolare: se la tv, e adesso specialmente la paytv, somiglia a un palinsesto itinerante o ad un archivio esorbitante (eccessivo, coattivo, maniaco) cui è vietato ogni racconto che non sia una docile parafrasi, perché tutto è già detto e squadernato, tutto è mille volte ribadito e infine risaputo, viceversa la radio è una finestra sull'ignoto il cui solo riscatto è una traccia narrativa e /o una sequenza ordinata di rilievi interpretativi. Sappiamo che il pioniere Nicolò Carosio barava, letteralmente inventava la partita nello stesso momento in cui ambiva raccontarla: però l'effetto era più vero del vero, un paradosso percettivo impensabile in tv. Ma quella di Carosio era un'età dell'oro molto prossima alla preistoria. L'archetipo di Tutto il calcio (la sua epopea di teatro misto a reportage e commento a piè di pagina) è un oscuro precedente francese che Guglielmo Moretti, caporedattore dei servizi sportivi e straordinario talentscout, riesce a imporre ai vertici Rai solo nel '60: funge da timone in studio a Milano il napoletanissimo Roberto Bortoluzzi (appena due telefoni e due foglietti di carta, neanche un monitor per la bassa frequenza), il cui porgere elegante senza essere forbito ritma e alterna le incursioni dei colleghi inviati sui campi.
All'inizio il programma è un'appendice di Domenica Sport e copre solamente il secondo dei due tempi di gioco. Può sembrare una formula minimalista ma l'effetto è mozzafiato fin dall'incipit perché, quando si aprono i microfoni, nessuno nell'Italia di allora può conoscere i risultati del primo tempo: essi sono pronunciati a raffica ed esplodono, con effetti di basso continuo o di boato, in qualunque luogo si disponga di una radio a transistor, in macchina, in campagna (qualcuno chiuso al cinema, strangolato dal filo dell'auricolare). Il set delle voci è una panoplia dell'italiano regionale: per esempio la voce profonda e pastosa di Andrea Boscione da Torino, o l'altra civilissima di Piero Pasini da Bologna (che morirà in postazione, nel dicembre del 1981) o quella, così beneducata da apparire d'altri tempi, di Enzo Foglianese da Bari. Le voci intermedie, prive o quasi di caratterizzazione regionale, sono di ottimi professionisti e spesso di outsider di rilievo quali Beppe Viola (uno scrittore ironico, sulfureo, troppo presto perduto), Claudio Ferretti, Ezio Luzzi (condannato all'antinferno della B), Alfredo Provenzali, oggi insieme con Filippo Corsini al timone che fu di Bortoluzzi, infine Nicoletta Grifoni, precisa e puntuale, benvenuta eccezione in quel vero e proprio androceo.
I fuoriclasse, va da sé, sono per almeno trent'anni i primi due in ordine di apparizione, Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Opposti e complementari, probabilmente si detestano ma in effetti si compensano: Ameri è l'uomo del racconto trascinante, un Carosio deprivato di retorica ma non dell'entusiasmo, cioè un sismografo della partita; Ciotti d'altro lato sdegna la ovvietà del racconto e predilige il commento dove prodiga il suo estro immaginifico e il tesoro di una cultura letteraria e musicale che tra i suoi colleghi non ha eguali. L'uno interrompe l'altro al momento di un gol, entrambi vengono interrotti e a loro volta entrano, anzi irrompono nella linearità del decorso: quel giro di voci è un contrappunto essenziale, la sintassi che ordisce l'immaginario popolare nell'alternarsi di vuoti e pieni, boati e zone morte, ansia e sollievo. Quello è anche il format di una trasmissione che l'orgia televisiva non è riuscita a spegnere, sopravvissuta alla perdita, via via, delle sue voci storiche.
Imitata, contraffatta, parodiata, Tutto il calcio resta un'oasi necessaria dentro al palinsesto perché è un luogo del racconto civile e della disamina tecnica: il ritmo è veloce, talora frenetico, ma ci si astiene volentieri dalle urla e dalle espressioni triviali, scomposte, sciamannate, che costellano le cronache televisive (non tutte, ovviamente, ma ormai quasi tutte) il cui stile panem et circences rimanda, se ne sia consapevoli o meno, a quello dei cronisti sudamericani che negli anni sessanta e settanta raccontavano il calcio ai sudditi di Bordaberry e Videla. Si dirà che gli attuali professionisti di Tutto il calcio (Gentili, Russo, Delfino, Repice, Bisantis, ScaraÄmuzzino, su tutti Riccardo Cucchi, che è senz'altro un erede di Ameri) mancano di «aura» rispetto ai maestri: ciò è persino inevitabile così come, tuttavia, è encomiabile il fatto che, tanto diversi tra di loro, attingano uno standard complessivo di perizia tecnica e chiarezza espositiva: infatti chi è all'ascolto si sente non solo informato ma sempre rispettato.
Per questo ci si può intenerire, senza cedere alla nostalgia o soggiacere al senso di colpa, leggendo Clamoroso al Cibali (un'espressione proverbiale, coniata per una sconfitta dell'Inter a Catania, la cui dubbia paternità è presto divenuta un problema di filologia radiofonica); e per questo va detto che Tutto il calcio minuto per minuto, prima che un fiore all'occhiello del medium più «caldo» che esista, è un programma Rai del servizio pubblico che continua a volersi tale. Non ne restano molti, dopo tutto. di Massimo Raffaeli

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