La lunga
Autore Roberto Perrone, editore Garzanti Libri, prezzo 14,00 €.
Calcio e giornalismo, elogio della lentezza
Bomber meteora, salumi e partite dettate al telefono in un bel libro del giornalista Roberto Perrone
Ci sono lambruschi, tagliatelle e nebbie fitte, capi itterici, ragazze ciniche e curve di montagna, ripide come l'esistenza, par di capire, quando si affronta con l'ambizione. E c'è una storia corta da leggere spendendo bene due ore ne
La lunga, circolare, ellittica, esemplare come la rettitudine di Giancarlo Mortola, protagonista del libro di
Roberto Perrone, (Garzanti, 165 pgg. 14 euro) piccola ma interessante bottega di salumi e ricordi, fotografie stinte e amori incontrati in un bar degli anni '50 che durano anche se le mamme imbiancano. Giacinto, il ligure emigrato in fretta, attraversa la sua corsa nell'indistinto grigio di Milano, cucinando gli articoli degli altri nella redazione sportiva di un grande quotidiano nazionale. Niente della cupa ribellione di Bianciardi, nulla della sua disperazione. E' mite Giacinto, detesta i conflitti, si è abituato a Milano pur chiedendosi dove sia finita la sua operosità, ama la buona tavola poco meno della figlia e i rapporti civili, rarefatti dalla volgarità dei tempi correnti.
Nel luogo di lavoro si muovono sardi illuminati e silenziosi come il leale Taddei, gagà impegnati a raccontare il tennis senza sbagliare cravatte e raccomandazione, travet indifferenti alle esistenze altrui e capi in doppiopetto nella comoda e antica veste di persecutori. Il napoletano Nando Angrisani fa parte della genìa a pieno titolo. Detesta la straniata remissività con la quale Mortola affronta il lavoro, gli assegna sempre la lunga, lo rimprovera ad alta voce, tenta di umiliarlo e raramente gli rifila, solo per il gusto di vederlo fallire, compiti impossibili che Giacinto porta a termine con gli strumenti di un mestiere cancellato dalle conferenze stampa e dall'abbrutimento dei rapporti. Gli allenatori e i calciatori che incontra Mortola, fanno parte del nostalgico immaginario di Perrone, gente che ti apriva la porta, ti osservava negli occhi e magari per vent'anni, a Natale, non dimenticava di mandare lettere e biglietti d'auguri. Di quell'epoca, umana e irriproducibile, faceva parte l'attaccante per caso Simone Perasso, meteorica carriera in serie A e due soli gol, segnati nella prima partita dettata al telefono da Mortola, un Torino-Sampdoria della stagione '72-'73. Perasso è in campo per un'epidemia di influenza, la stessa ragione per la quale Giacinto è a Torino, i loro destini intersecati dal fato scivoleranno lungo la storia d'Italia, tra telefoni che cambiano, macchine che rombano e la malinconia per giornate al mare «soli e con mille lire» che non tornando, evaporano per sempre.
La lunga è un road movie veloce che si schermisce con l'elogio della lentezza, esegesi di un'amicizia, di più entusiasmi commisti, quello per il calcio, per il giornalismo, per Carmen Villani, star da palco di provincia e apparizione in tono con l'universo narrato, e per il cibo (il Mortola pingue che si sente liberato solo quando vi si abbandona, ricorda il vero Perrone, rotonda e originale penna del Corriere della Sera, già all'opera con Zamora, luminoso e premiato esordio di qualche anno fa). Un viaggio disegnato con l'intelligente abilità di fare un passo indietro rispetto alla materia in parte autobiografica, grazie a una scrittura che mette i personaggi, le liturgie consolidate, le giornate che si ripetono sempre uguali a loro stesse al centro della scena, senza voler rubare nulla alla linearità di un percorso che solo alla fine trova il suo sorprendente epilogo, in un finale che spariglia carte e destini, certezze consolidate e pagine di giornale, nella terra di nessuno di un'edizione in chiusura, quando una ad una tutte le figurine, tranne il deputato martire alla
"lunga", si alzano lasciando i computer in un'ordinata solitudine. Perrone riporta equità dove governava l'ingiustizia ma il colpo di scena (autore il neo amministratore delegato del giornale Maraudo, freddo e colto, un tipo che commisera gli esseri umani: «Gente stupida e superficiale che non sa cogliere gli attimi sublimi che il destino regala con tanta parsimonia» e sa commuoversi), per quanto rivoluzionario, mai potrebbe traviare il cuore di una persona limpida come Mortola. Il caffè di Rita bevuto in cucina alle otto di mattina, per Giacinto rimane irrinunciabile.
di Malcom Pagani
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