Torna all'elenco dei libriL'ultimo baluardo 
Autore Simone Bertelegni, editore Limina, prezzo €. 13,50

Di fronte a tutte le degenerazioni che stanno ammorbando il calcio (sentenza Bosman, Passaportopoli, Piedi Puliti, doping amministrativo, ipertrofia televisiva, caccia agli utili a ogni costo e così via), agli appassionati della pedata restano due soluzioni: troncare ogni rapporto col mondo del pallone o trovarsi un rifugio. A chi opta per la seconda, un suggerimento: innamoratevi dell'Athletic Club di Bilbao.
Tuffatevi nelle pieghe delle maglie biancorosse della squadra basca, per trovarvi un'Idea di calcio dal sapore primo Novecento: nessuno straniero in campo, nessun presidente-dittatore, nessuna ossessione televisivo-affaristica, totale fedeltà a una maglia tuttora non macchiata da alcun logo pubblicitario.
Fantascienza, o, al contrario, passato remoto? No, una realtà presente e vincente. Mai retrocessa dalla serie A spagnola, primato condiviso con le multimilionarie e multinazionali Barcellona e Real Madrid.
Athletic: l'ultimo baluardo eretto a difesa di romanticismo e purezza dagli attacchi del calcio dell'era Bosman. Un libro che narra la storia, ma soprattutto tenta di spiegare la filosofia che guida la più singolare squadra di calcio di tutti i tempi.

L'ultimo baluardo dell'utopia basca
La squadra eretica In un libro di Simone Bertelegni la storia anacronistica ed estrema dell'Athletic Bilbao, il club senza sponsor che schiera solo figli di "Euskal Herria" e da sempre è identificato con le battaglie politiche e i lati oscuri dell'indipendentismo basco

Aggrapparsi ai ricordi, sposare utopie, dimenticare il presente. Chiamale, se vuoi, rimozioni. La letteratura calcistica ha dedicato all'argomento un intero filone, probabilmente il più cospicuo di tutti. Racconti in cui si vagheggia un'Arcadia remota e improbabile, sermoni edificanti inzuppati di un nostalgismo estremo e talora ottuso, che però costituisce l'unica andatura narrativa plausibile per non franare sul cedevole cammino dell'etica. Chi non si rassegna all'avanzare del neocalcio trova lì l'unico asilo plausibile, che non sempre è un aventiniano dimettersi dalla proprie responsabilità di tifoso, ma più spesso un legittimo rifugiarsi fuori da un mondo in cui non ci si riconosce più, immaginandone un'architettura alternativa.
È questo lo spirito che impregna fin dal titolo L'ultimo baluardo (Limina, pagine 264, € 13.50), in cui Simone Bertelegni, con la scusa della passione per l'Athetic Bilbao, ci racconta che questa Arcadia non è un sogno, che un altro calcio è davvero possibile. Dell'Athletic Bilbao si è scritto molto e molto si continua a scrivere, in Spagna come altrove, affascinati dall'eresia, dall'estremismo ideologico, dall'irriducibile diversità di una filosofia così limpidamente e pervicacemente votata all'anacronismo che pare legittimo collocarla nel filone delle grandi utopie dell'età contemporanea, dove le utopie sono da intendere come piccole enclaves dell'immaginazione dentro il territorio vasto e poco ospitale della realtà. 
La storia è nota. Il secondo club più antico di Spagna dopo il Recreativo di Huelva (ma l'ottimo Bertelegni ricorda giustamente come la squadra andalusa sia stata in realtà fondata da britannici) è anche l'unico al mondo, tra quelli professionistici, a non aver mai avuto uno sponsor sulla maglietta e a non aver mai schierato, salvo all'epoca delle origini, giocatori stranieri, intesi nella fattispecie come nati al di fuori di Euskal Herria, ovvero la terra dove si parla la lingua basca. Con tutte queste limitazioni, o forse proprio grazie ad esse, l'Athletic non è mai sceso di categoria nel campionato spagnolo, privilegio che condivide con Real Madrid e Barcellona, le cui filosofie sguaiatamente mercantili nulla hanno a che spartire con la sobria autarchia del club di San Mamés. Inevitabile innamorarsi di una creatura siffatta, e Bertelegni se ne è innamorato al punto da scriverci un libro e da fondare, insieme con un variopinto gruppo di correligionari, la prima (e unica) peña italiana di tifosi dell'Athletic, che organizza incontri, viaggi e pellegrinaggi per rendere omaggio a questo totem universale del calcio alternativo.
Il libro è un po' il riassunto di questa passione, e lo si avverte dal suo procedere febbrile, una narrazione che vorrebbe seguire l'ordine cronologico, e che invece qua e là si arresta, percossa da improvvisi sussulti, da urgenti guizzi della memoria che portano il racconto a infilarsi tra gli aneddoti più curiosi, come il turista che abbandona l'itinerario principale per affacciarsi negli angoli più pittoreschi di un borgo medievale. Così si scopre ad esempio che l'Athletic delle origini schierava anche giocatori non baschi e che la scelta autarchica fu dapprima una circostanza casuale che solo col tempo si convertì in un contrassegno d'identità. Oppure che il famoso Pichichi, da cui prende il nome il titolo di capocannoniere della Liga, era nipote nientemeno che di Miguel de Unamuno, uno dei più grandi intellettuali spagnoli di fine Ottocento. In generale, Bertelegni si diverte a sfatare miti, dall'alto di un'erudizione in materia da fare invidia a tutta la Biscaglia. Sapevate che la prima maglia dell'Athletic era bianca e blu? E che da una costola del club di Bilbao è nato l'Atlético Madrid? 
Quando il racconto decelera, scatta l'approfondimento. Uno dei più interessanti e necessari riguarda il cosiddetto ius soli, latinismo che nel caso dell'Athletic indica la legge che regola il reclutamento dei giocatori: baschi di nascita, o di formazione calcistica. Nessun apartheid, dunque, nessun pregiudizio antibasco: solo il legittimo orgoglio di vedere giocare ragazzi che magari erano i tuoi vicini di casa o i figli del macellaio del quartiere. 
Eppure, quello delle connivenze col nazionalismo basco resta uno dei lati oscuri dell'Athletic e, in minima parte, anche del libro, che da un lato afferma che «l'Athletic non è espressione del nazionalismo basco», ma dall'altro legittima indirettamente questa sovrapposizione dedicando un intero capitolo alla storia di Euskal Herria e della causa indipendentista. Peccato veniale, per Bertelegni, che ha il solido alibi della passione e della buona fede. Un po' meno per l'Athletic, che rimane un club unico al mondo, ma che nella sua deferenza (corrisposta) verso la politica, è abbastanza simile a tutti gli altri. di Andrea De Benedetti

Simone Bertelegni è ispanista, giornalista free lance e amante dello sport pulito; anche per questo è tifosissimo dell'Athletic Club di Bilbao, di cui ha contribuito a fondare l'unico fan club italiano, che presiede dal 2000.
Nicola Nucci è giornalista dell'Agenzia Tuttocalcio, fervente appassionato di storia e football estero, simpatizzante dell'Athletic Club di Bilbao. Per questo libro ha curato l'appendice statistica.

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