Torna all'elenco dei libriPlatone e la legge del pallone 
Autore Zap Mangusta, editore Rizzoli, euro: 17.00, pag: 278



I quindici colpi del calcio e i loro filosofi di riferimento
E' uscito "Platone e la legge del pallone", un godibile volume dove il poliedrico Zap Mangusta precisa le sue visioni della vita, ispirate dalla postmodernità calcistica. Tra analisi curiose e ricordi nitidissimi, si delinea un arguto orizzonte di pensiero

Quella che ha scritto il polutropos Zap Mangusta - figlio sotto pseudonimo del grande Bruno Pesaola e polutropos nel senso letterale di uomo che si volge da molte parti ed è molte cose insieme e tutte sembra che le faccia bene e con vocazione e passione: scrittore, attore, regista, da più giovane anche calciatore - è un'antropologia, una cosmologia, un'astrologia del calcio. "Platone e la legge del pallone" (Rizzoli, 2006) non ti dice chi sei secondo la faccia che hai o la tua collocazione nell'universo o sul campo di gioco o in qualunque altro macrocosmo o microcosmo, né ti legge il passato o predice il futuro secondo il tuo segno zodiacale, ma ti dice chi sei secondo come colpisci il pallone, come lo accarezzi o lo schiaffeggi o lo svirgoli.
E poiché sono quindici i colpi possibili (secondo l'insegnamento che Bruno Pesaola ancora ragazzino aveva ricevuto dal fratello sulla collina di Buenos Aires - ed è questa la prima parte del libro, in forma di dialogo e di romanzo della memoria tramandata e di formazione), quindici sono anche le possibili visioni della vita, le possibili traiettorie d'attraversamento (ed è questa la seconda parte del libro, in forma di saggio calcistico e filosofico): uno, il colpo d'interno, cioè «il colpo della sicurezza, il colpo del ragioniere come dello scienziato, del risparmiatore che mette in banca il passaggio» e che dunque piacerà soprattutto «ai più realisti del re che pensano che i più porci siano sempre i maiali», «a quelli che amano Guido Gozzano, il poeta delle piccole cose, che per questo non ne ha mai scritte di grandi», «a chi prende le vacanze dal primo al quindici agosto ma non capisce come fanno gli harekrishna a ripetere per anni le stesse litanie»; due, il colpo d'esterno, di cui Roberto Carlos è stato «l'impareggiabile esecutore» secondo Mangusta e che piacerà soprattutto agli "esteti"; tre, il colpo di testa. E così via: il lancio lungo (fra i cui grandi interpreti però Mangusta dimentica Platini), il dribbling (o colpo di tocco), lo stop (o colpo d'arresto), il tiro al volo (e qui l'esempio sublime - Mangusta sembra d'accordo - rimane forse il gesto di Van Basten nella finale dei campionati europei del 1988), il tackle (che vuole intuito, colpo d'occhio e determinazione), il passaggio filtrante (che appartiene a chi sa pensare d'anticipo, a colui la cui fantasia arriva più lontano dalla vista - come McEnroe, perché i geni sono geni qualunque sia il campo su cui giocano), il cross, la finta, il colpo di tacco, la rovesciata, il tiro in porta, il colpo di punta.
Ad ogni colpo corrisponde poi un filosofo (al colpo d'interno Aristotele, perché è il colpo d'interno quello che «dona stabilità ed equilibrio» e Aristotele diceva che «la bontà dei comportamenti deriva dal praticare le cose giuste, tenendo lontani gli eccessi»; al colpo d'esterno Montaigne, «il filosofo del piacere e della saggezza»; e così agli altri colpi Nietzsche, Hegel, Stirner, Husserl, Epicuro e Schelling, Eraclito, Democrito, Marx, Machiavelli, Giordano Bruno e Voltaire, Marcuse, Kant, Bentham); e ad ogni colpo corrisponde un ruolo (ed è questa la terza parte del libro), perché - prima che la postmodernità o tardomodernità calcistica arrivasse a scompaginare tutto, a predicare che ciascun giocatore deve saper interpretare tutti i ruoli e che tutti siamo nessuno e ad assegnare i numeri delle maglie a casaccio, scompaginando di conseguenza anche i nostri orizzonti di pensiero e di riferimento) - era evidente e sembrava inconfutabile che certi colpi si convengano più a certi ruoli che non ad altri, come addosso a Pupo starebbe male il repertorio di De Andrè (esemplifica Mangusta) o come mal si conviene che chi ha rivestito incarichi istituzionali disconosca il presidente della repubblica o la vittoria degli avversari (aggiungiamo noi, sempre esemplificando).
C'è un colpo - un solo colpo - che a tutti appartiene: è il sedicesimo colpo (nel quale sta l'essenza del libro, il suo segreto) ed è il colpo che tutti gli altri riassume e contiene. È il colpo che ciascuno deve trovare dentro sé: «è il colpo che non c'è ma che si acquista con sforzo e fatica, mettendo a frutto tutto quello che si è imparato dagli altri colpi». È il colpo ineffabile, trovato il quale ciascuno troverà anche il proprio ruolo; è l'aspirazione di ciascuno a «far luce sulla propria esistenza», a comprenderne il senso. È il colpo che infine restituisce a ciascuno la sua singolarità, la sua eccezionalità; è il colpo che ci rende tutti diversi - a dispetto di qualunque postmodernità o tardomodernità - pur nella consapevolezza che ciascuno è «parte di qualcosa di più grande della propria individualità». Ognuno cerchi e trovi allora il proprio sedicesimo colpo, che vuol dire: ognuno cerchi il ritmo del proprio cuore e conservi in fondo all'anima le cose segrete e fondanti. di Niccolò Nisivoccia

Zap Mangusta spenda i primi anni della giovinezza a cercare di comprendere l’ordine dei tasti della macchina da scrivere. Per dispetto affronta gli studi di filosofia e si mette a giocare a calcio, ritrovandosi inspiegabilmente conduttore e autore televisivo. Tuttavia, favorito dalla mancanza di logica in questo mondo, vince l’Oscar per la Radio e per la Televisione, ideando programmi di culto come Radcio Zanzibar e Barracuda. È figlio di Bruno Pesaola detto “Petisso”, funambolica ala sinistra (Nazionale argentina e italiana) e poi grande allenatore. Ha scritto per Piemme Le mutande di Kant (2003), I calzini di Hegel (2004), Il flipper di Popper (2005). Questo è il suo ultimo libro. In ogni caso. Ma soprattutto se non lo acquisterete. http://www.zapmangusta.it/

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