Torna all'elenco dei libriJack e Bobby
Un libro sulla storia dei due fratelli più famosi del calcio britannico appassiona l'Inghilterra. Uno, timido e talentuoso, vinse tutto col Manchester e guidò la nazionale inglese alla conquista della Coppa del mondo. L'altro, scorbutico e violento, fece felice il popolo irlandese. Oggi non si parlano più

Contrasto più netto fra due fratelli, non si potrebbe nemmeno concepire. Ma questi sono i fratelli Charlton, Jack and Bobby come nel titolo di un lungo e affascinante libro scritto dal giornalista inglese Leo McKinstry (Harper&Collins, 512 pg, 19 sterline). Che nonostante si occupi abitualmente di faccende politiche, non ha dimenticato niente della vita dei due. A partire dalla storia dell'acquisto del 15enne Bobby da parte del Manchester United, che lo soffiò al Newcastle United offrendo alla mamma del ragazzo, Cissie, la bellezza di 750 sterline. Un contrasto stravagante quello fra i due fratelli Charlton: fisico, psicologico e tecnico. Bobby, il ragazzo d'oro, dotatissimo, così brillante da non dover mai pensare alla tattica di gioco perché capace di risolvere qualsiasi situazione in campo attraverso i suoi meravigliosi piedi. Interno, ala sinistra, centrattacco arretrato, è sempre stato un asso. Jack invece, molto più alto, molto meno dotato e con un carattere esplosivo, dovette fare parecchia gavetta prima di emergere come centromediano di rilievo: insieme vinsero la Coppa del Mondo del 1966.

Il fatto che fra i due oggi non corra più buon sangue e non si parlino nemmeno, è ben spiegato da McKinstry. Alla base di tutto c'era il rapporto quasi inesistente fra Cissie e la moglie di Bobby, Norma. La madre dei Charlton era una donna prepotente, sorella di Jackie Milburn (centrattacco di fama del Newcastle United). Capiva di calcio e seguiva con passione la carriera dei figli. Suo marito Bob, padre dei due ragazzi, sembrava invece un personaggio di D.H. Lawrence. Era un minatore e per lui il calcio non significava niente. Quando l'Inghilterra superò il Portogallo nella semifinale dei mondiali del `66, si tenne alla larga da Wembley perché preferiva lavorare. Era Cissie che si occupava di tutto quello che riguardava la carriera dei due fratelli e quando cominciò a snobbare la moglie di Bobby diede vita ad una crisi familiare che non si sarebbe più risolta. Bobby non la andò a trovare neanche sul letto di morte e questo Jack non glielo perdonò mai.

Dopo la sciagura di Monaco (febbraio del 1958), quando ben otto giocatori del Manchester United persero la vita in un drammatico incidente aereo, la vita di Bobby cambiò per sempre: lui si salvò per miracolo e diventò sempre più timido e silenzioso. Lo ricordo ai mondiali del `58, in Svezia, nell'albergo di Gotheborg dove alloggiava la nazionale inglese. Ogni tanto sorrideva, raccontava pure qualche barzelletta, ma non riuscì mai a dimenticare l'orrore di Monaco. Prima dell'inizio della Coppa del mondo andò a giocare con la nazionale a Belgrado, la città dove lo United aveva giocato l'ultima partita (Coppa dei Campioni) prima del disastro aereo. Quel giorno a Belgrado faceva un caldo feroce. L'Inghilterra perse 5 a 0 e Bobby non fu l'unico a deludere le attese ma finì per pagare le colpe di tutti, venendo escluso dai titolari del mondiale. Al suo posto, nell'ultima gara contro i russi, giocarono addirittura due debuttanti, Brabrook e Broadbent. La cosa, ovviamente, provocò un vero e proprio scandalo in Inghilterra.

La carriera di Jackie fu invece segnata in positivo da Don Revie, grande regista e allenatore del Leeds United, tecnico al centro di mille polemiche con la nazionale inglese. Revise convinse Jackie ad abbandonare il suo atteggiamento ostile e menefreghista nei confronti della squadra, lasciando però che la sua cattiveria si rovesciasse sugli avversari per i quali Jackie aveva una sorta di lista nera che consultava prima di ogni partita.

Pur riuscendo a portare per ben due volte la nazionale irlandese ai Mondiali (nel `90 e nel `94), Jackie ha sempre dovuto fare i conti con le critiche feroci dei giocatori da lui esclusi (su tutti l'ex juventino Liam Brady e David O'Leary) e della stampa più «sofisticata». Ma i tifosi irlandesi gli hanno sempre voluto un gran bene, nonostante il suo passaporto.

Il fatto è che Jackie, mediocre calciatore, è riuscito proprio là dove il fratello più famoso ha fallito miseramente: in panchina. Bobby abbandonò il mestiere dopo pochi e deludenti anni con il Preston North End: per lui la tattica era un mistero; chiuso e timido com'era, non sapeva caricare i suoi giocatori e anche ai più mediocri chiedeva numeri e giocate che solo lui avrebbe potuto ripetere. Col tempo è diventato dirigente del Manchester United ma, secondo McKinstry, non ha mai conquistato la stessa stima e lo stesso affetto di Matt Busby, l'allenatore che portò i Red Devils a vincere tutto in Inghilterra e in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Come giocatore delloUnited, Bobby, malgrado la sua fama mondiale, non aveva mai avuto rapporti facili con gli assi scozzesi ed irlandesi: Pat Crerand, Denis Law e George Best. Crerand gli dava addirittura dell'impostore, sostenendo che con i suoi lanci millimetrici ma orizzontali pensava soltanto allo spettacolo e non alle necessità della squadra. Per McKinstry, Bobby ha avuto una carriera superiore a quella più breve di Best, criticato duramente per la sua mancanza di disciplina e per la sua vita di alcolista e donnaiolo. Secondo me, Best è stato il più grande giocatore britannico del dopoguerra nonostante tutto quello che gli è capitato. Era scontato che Charlton e Best non potessero avere un rapporto tranquillo e amichevole. Oggi il campione nordirlandese sta pagando il suo autolesionismo: di recente ha dovuto subire un intervento di quasi 10 ore per rimpiazzare un fegato distrutto dall'alcol. Ma per qualche anno, quando era all'apice della sua carriera, è stato senz'altro uno dei giocatori più brillanti del mondo. E forse di tutti i tempi. Più dotato anche di Bobby ma molto, molto meno disciplinato.

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