World Team - A undici metri dalla fine
Col diluvio di speranze e passioni rimesse in gioco
tra campionato e coppe europee, si può fare melina tra sport e
letteratura con due volumi di... casa Mondadori. World Team (E.
13,80), è da sfogliare con i più piccoli. Le trenta pagine a colori,
disegnate da Tim Vyner e corredate di un racconto a nastro, mostrano
bambini del mondo (quello ricco e quello povero) intenti a giocare a
calcio nello stesso momento. Mentre in Inghilterra Joe, alle 13 si
allena fuori dalla scuola sognando di giocare un giorno da
professionista, alle 14 in Italia Gianni palleggia di testa lungo la
strada, senza mai levare gli occhi dal pallone. In quello stesso
momento, il sole - già alto su Rio de Janeiro -, in Kenya rende
infuocato il terreno di gioco dove Zachary si allena e, tramontando,
proietta ombre sul muro contro cui Ravi fa rimbalzare il pallone a
Calcutta. Ai piedi di Gianni e Joe s'indovinano però scarpine firmate,
mentre a quelli di Tico e Zachary c'è solo un velo di polvere scura. E
Ravi, «che ha venduto gelati tutto il giorno, ha tenuto l'ultimo per sé»,
risolvendo così il problema del pranzo e quello della cena. Ma nel
romanzo del calcio, ogni pallone è una storia e ogni tiro un racconto.
E anche in questa carrellata di immagini che, dall'Africa agli Usa,
accomuna bambini e bambine nel sogno di «vincere la Coppa del Mondo»,
i tiri di Ravi e Zachary rivelano un altro racconto: quello del lavoro
minorile e dei milioni di Tico che sopravvivono con meno di un dollaro
al giorno.
«Su un campo di calcio ogni pallone è un'azione e i tiri sono racconti»,
dice anche il nuovo romanzo di Gian Luca Favetto. A undici metri
dalla fine (pp. 207, E. 7,20), ricapitola la vita di un uomo nello
spazio di un tiro. L'uomo è Valerio Peraglie, portiere del Pergo d'Ale
nel campionato di Eccellenza, girone A, composto da ultratrentenni.
In una domenica d'aprile fine anni novanta, a pochi minuti dalla fine di
una partita determinante, Peraglie esce alla disperata su un attaccante
del Brugherio. È rigore. Gocce di pioggia cominciano a cadere. La
manciata di secondi che precede il tiro, è una moviola affetti,
incontri, e occasioni mancate, ma soprattutto un atto d'amore verso il
ruolo del portiere, che fa essere il calcio come lo conosciamo: il
portiere memoria della squadra, quello che «dà senso a compagni
avversari», il portiere che - come dice a Peraglie il mister Aroldo - ,
è il solo a usare le mani, e «le mani son più vicine al cervello che
i piedi». Come nel film di Wim Wenders, Prima del calcio di rigore,
con uno scarto spazio-temporale, ma tutto interiore, Valerio attraversa
così le gocce una a una, fino ad essere «tutti i portieri del mondo».
E chi ha assaporato l'attimo di cui godono i portieri - «perfettamente
morbido nell'aria, fermo nell'istante, allungato sul fianco sinistro,
avvenente» - l'attimo che vanifica tutto il sudore avversario
concentrato in quella traiettoria, potrà rivivere in Peraglie quei
momenti unici.
Perché, dice Favetto - drammaturgo e critico cinematografico, nonché
autore del romanzo Tommaso Torelli, inseguitore (Marcos y Marcos,
94) -, quando si segna, finisce l'incanto. Poi, non resta che riportare
la palla a centrocampo e ricominciare il corpo a corpo con la vita.
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