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«Puntiamo alla gestione con diritto di riscatto»
«Pieroni? Non è il male assoluto. Bisogna trattare. Lasciai l'Arsenal senza debiti»

«Non intendo rifare il presidente del Taranto, né tanto meno impadronirmi della società. Sono animato da spirito di servizio. Voglio solo fornire il mio contributo alla soluzione del problema, che invoca con urgenza risposte. Mi muovo come mi mossi ai tempi dell'Arsenal: cercando punti d'intesa, coinvolgendo amici, stimolando le forze istituzionali della città». Questa è la premessa di Emanuele Papalia, presidente dell'Ascom. 
«Considero il calcio uno straordinario veicolo promozionale del territorio. Sono concetti che ripeto spesso, lo so. Ma nei quali credo ciecamente. Ho cercato in questi lunghi mesi di mediazione, spesso fraintesa, qualche volta osteggiata, di smussare gli angoli, di azzerare le incomprensioni, di superare i conflitti. Tra socio di maggioranza e soci di minoranza esiste, però, una spaccatura insanabile. Un cratere, sul quale ho creduto di poter costruire un ponte. Sarebbe stato decisivo poter avere un solo interlocutore. Non ci sono riuscito. Ho pensato ad una strategia diversa. Ad un coinvolgimento, anche emotivo, di tutte le parti in causa. Ecco come nasce quella proposta fatta ai giocatori qualche settimana fa: non è stata capita». 
Adesso il suo gruppo chiede ufficialmente di poter esaminare i libri contabili. È una fase nuova oppure un tentativo di far slittare l'assemblea dei soci e di guadagnare tempo? 
«Il discorso è un altro. Che cosa può accadere venerdì 16? Che tutti i soci ricapitalizzano e sarebbe auspicabile; che nessun socio ricapitalizza, aprendo le porte allo stato di liquidazione; che tra chi ricapitalizza e chi non ricapitalizza si scateni un conflitto dalle conseguenze devastanti per tutti. Noi vogliamo evitare che si verifichi questa terza ipotesi. Anche se mi risulta che in città c'è chi confida nella seconda ipotesi e non vede l'ora di andarsi a prendere il Taranto dal Tribunale»
Il suo gruppo è alternativo all'attuale compagine societaria? 
«Non la metterei su un piano così netto. Siamo ancora in una fase di studio» 
Ma a che cosa puntate? 
«Affiancamento con pari dignità oppure gestione con diritto di riscatto. Operazioni al buio non ne facciamo. Vogliamo capire prima di intervenire. La gestione con diritto di riscatto, per esempio, prevederebbe un calcolo preliminare e un accordo scritto fra le parti. Avevamo ipotizzato di poter gestire il club sino a giugno e di poterlo fare anche nella prossima stagione, per poi esercitare il diritto di riscatto. Sono movimenti condizionati dalla conoscenza del disavanzo e degli impegni presi dall'attuale proprietà. Solo dopo un'attenta lettura dei libri contabili, si potrebbe mettere nero su bianco». 
Una volta raggiunta un'intesa con Pieroni, che fare della minoranza? 
«Io credo che nessuno meriti di congedarsi da questa vicenda con le pive nel sacco. Non sarebbe giusto. Ad ognuno va riconosciuto lo sforzo prodotto in termini di energie profuse e di risorse impiegate. Anche ai soci di minoranza, che hanno comunque investito. Ma penso, altresì, che la loro funzione sia esaurita. In quello che fanno e in quello che dicono colgo molta stanchezza». 
Non ha mai censurato l'operato di Pieroni, pur avendo offerto il patron diversi spunti per meritare una severa critica. Perché? 
«Non ho mai portato in trionfo Pieroni, neanche quando tutti lo celebravano come il salvatore della patria calcistica. E ora non mi sembra giusto dipingerlo come il male assoluto. Anche perché non è così. A me risulta che continui a tenere in piedi la baracca, staccando assegni. Se si fosse fermato, sarebbe finito tutto da un pezzo». 
Quando l'ha sentito l'ultima volta? 
«Due o tre giorni fa. Abbiamo parlato a lungo. Stiamo cercando di individuare un percorso che ci conduca alla soluzione del problema» 
Ci può svelare la consistenza del suo gruppo? 
«Ho incassato la disponibilità di qualche amico e me la sono fatta mettere per iscritto. Non vendo parole. Al coinvolgimento, poi sfumato, di un imprenditore del calibro di Putignano ho fornito il mio contributo. Solo che a differenza di molti, preferisco lavorare in silenzio. Chi mi conosce, sa bene come mi muovo. Sono per l'aggregazione. Io non divido». 
Nell'arte della mediazione è nota la sua abilità. Ma c'è chi le rimprovera scarso coraggio quando si tratta di rischiare in proprio. 
«È una critica gratuita, oltre che priva di fondamento. L'operazione-Arsenal, due anni di gestione, comportò dei sacrifici personali, anche onerosi. Voglio ricordare, a chi fa finta di averlo dimenticato, che lasciai quella società senza un centesimo di debito». 
Quante possibilità ci sono che il Consiglio Federale di luglio decreti la scomparsa del calcio a Taranto? 
«Dipende dalla volontà degli uomini. Dalle difese immunitarie della città. Io lavoro perché l'irreparabile non si verifichi. Lo faccio obbedendo alla mia indole di imprenditore che ha sempre salvaguardato gli interessi del territorio in cui opera»
Il gruppo-Papalia è portatore di quale calcio? 
«Di un calcio che non può prescindere da una sana amministrazione. Ai tifosi direi: meglio non essere in arretrato con il pagamento degli stipendi che rimediare quattro sconfitte di fila».

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